Lei ha 40 anni ed è in coma da mesi. È ricoverata all’ospedale Baggiovara di Modena, incapace di intendere, di volere e di esprimersi a causa delle sue condizioni di salute. Condizioni per cui il giudice ha nominato il padre ultraottantenne tutore della donna.
La nomina avviene sulla base della nuova (tanto discussa quanto attesa) legge sul biotestamento. La decisione del giudice potrebbe, peraltro, fungere da apripista per casi analoghi, perché rappresenterebbe un fondamentale precedente laddove la legge sembra piuttosto carente. In mancanza, dunque, di un biotestamento scritto, il tutore nominato può prendere decisioni sul malato. Di fatto, la nomina rende il tutore “interpete” della volontà del paziente, anche in materia delle cure da affrontare. O da non affrontare. Inoltre, il padre della donna (al di là del consenso informato alle terapie) prenderà decisioni anche in merito agli aspetti patrimoniali, come la riscossione dello stipendio o della pensione.
La sentenza è già storica, perché copre una consistente lacuna. “La decisione è stata presa in forza dell’articolo tre della legge sulle Dat, disposizioni anticipate di trattamento, che regola nel dettaglio il consenso informato per quanto riguarda i minorenni e le persone incapaci psichicamente”, ha affermato Donata Lenzi, prima firmataria della legge approvata pochi mesi fa, dopo anni di dibattito. Un’altra donna che aveva risposto all’appello di Patrizia Cocco, malata di Sla, rifiutatasi – il 5 febbraio scorso – di usufruire ancora alla ventilazione artificiale. Era la prima pagina di storia italiana del biotestamento.