Mancano 4 giorni al 12 maggio, l’ora x entro cui l’amministrazione Trump è tenuta a decidere se rinnovare o meno le sanzioni contro Teheran. I toni, di ora in ora, si inaspriscono inesorabilmente. Ieri, secondo Al Jazeera, Rohani tuonava contro Washington, profetizzando (o minacciando) uno storico pentimento in caso di ritiro dall’intesa. Oggi, Netanyahu parla di ‘accordo orribile’, predicendo tutt’altro scenario.
In questo estenuante braccio di ferro con cui la Casa Bianca, fomentata da Tel Aviv, intende disarmare (se di armi si tratta) l’Iran, non può che esserci un unico mediatore. Lo sapevano già da qualche settimana, a Bruxelles. Per questo, Monsieur Macron e Angela Merkel si erano recati a Washington per perorare la causa, ammettendo – poi – l’implacabile disfatta. Ora, iniziato il countdown, l’Unione Europea ribadisce la sua linea: l’accordo va mantenuto.
Tecnicamente, il JCPOA (il famigerato, cioè, accordo sul nucleare) non prevede la possibilità di ritirarsi. Su questo fronte, senza entrare nel merito, Bruxelles e Washington sono già in disaccordo. Russia e Cina danno ragione a Rue de la Loi, sostenendo che la Risoluzione Onu 2231 rende vincolante l’intesa per tutti i paesi che l’hanno sottoscritta. Ѐ chiaro, per Trump, l’affare è completamente diverso. L’accordo sarebbe semplicemente un ‘impegno politico non vincolante’, da cui Washington può esimersi senza forzare nessun regolamento. E, su questa scia, tutto l’impianto si rende ancora più complesso: infatti, anche dopo la decisione del 12 maggio, Trump potrebbe decidere di tirarsi fuori a suo piacimento. Quando e come vuole. Qualcuno suggerisce che tra 4 giorni non avremo alcuna vera risposta: l’amministrazione USA preferirebbe mantenere l’accordo in stato vegetativo, così da tenere in canna il colpo della minaccia all’occorrenza. Tel Aviv apprezza e ringrazia. A Bruxelles, però, hanno altre idee.
Il posto di rilievo, dunque, è affidato all’Europa. E Rohani forse ha capito le intenzioni degli statisti di Washington. Infatti, Teheran ha deciso di rispondere a quanti pensavano che, senza gli Usa, non avrebbe potuto sopravvivere alcun accordo. “Anche se gli Usa si ritirassero dall’accordo sul nucleare, l’Iran manterrà fede all’intesa, se l’Unione europea garantirà che la Repubblica islamica ne trarrà benefici”. Così dichiara Rohani, oggi a Mashhad nel nord dell’Iran. Una svolta in un processo di rinegoziazione piuttosto intricato. Così Teheran concretizza lo scacco al clima di terrore di Trump.
Dal canto suo, l’Europa sorride. Il consiglio Affari Esteri UE si scioglie, a Sofia, con l’unanime consenso dei 27 (e di Londra) sull’intesa con Teheran. Oggi, la Commissione Europea torna sull’argomento. “L’Aiea ha confermato diverse volte che c’è un rispetto totale dell’intesa da parte dell’Iran”, sottolinea un portavoce di Bruxelles. Insomma, nonostante gli insuccessi a casa Trump dei leader europei, l’accordo potrebbe reggere. Una batosta certamente inaspettata per Tel Aviv e Washington che, probabilmente, già pregavano per il naufragio totale dell’intesa.