Il mondo della Formula 1 trema, di fronte all’ennesimo caso che potrebbe minarne la credibilità, in un momento storico in cui, con il passaggio a Liberty Media e i continui contrasti con la Ferrari, l’appeal del principale campionato mondiale di automobilismo è ai minimi storici. Stavolta, nel mirino di 23 procure italiane che stanno indagando sulla questione, ci sono sponsorizzazioni per oltre 80 milioni di euro a piloti, utilizzati come mezzo per riciclaggio di fondi neri.
Massa nel mirino
Tanti i pesci grossi coinvolti nell’inchiesta, riportata sulle pagine dell’edizione odierna di Repubblica. Su tutti Felipe Massa, vicecampione del mondo di F1 nel 2008 e per anni top driver in Ferrari, ma anche Jules Bianchi, prodotto del vivaio del Cavallino tragicamente scomparso dopo un incidente nel GP del Giappone del 2014 alla guida della Marussia, al termine di nove mesi in coma. Ascoltato, nell’ambito dell’operazione della Procura, anche Nicolas Todt, figlio dell’attuale presidente FIA (e per anni direttore tecnico della Rossa) Jean: non è indagato ma, in quanto manager, è stato sentito come persona informata sui fatti, ammettendo il valore spropositato dei contratti stipulati dagli sponsor – tra gli altri una nota azienda italiana di abbigliamento – con piloti giovani e relativamente poco conosciuti come lo stesso Bianchi.
I numeri dell’inchiesta
Le indagini partono da lontano, ormai sei anni fa, e hanno nel mirino 82 persone iscritte nel registro degli indagati, nonché cinque imprenditori arrestati con l’accusa di riciclaggio e frode fiscale. E ci si limita al versante italiano dell’affare, che, secondo gli inquirenti, ma anche nelle parole di fonti raccolte da Repubblica, verrebbe replicato ad arte anche altrove, per realizzare un continuo riciclaggio di denaro sporco attraverso le sponsorizzazioni dei piloti di Formula 1. Lo scandalo, dunque, avrebbe portata ben più ampia, fino ad arrivare alla cupola dell’organizzazione, che inevitabilmente doveva essere a conoscenza della situazione.