“Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto ‘in trasferta’ “.
Indro Montanelli, non uno qualunque in termini di penna, scrisse ormai 69 anni fa queste parole in memoria del lutto che sconvolse tutta l’opinione pubblica, partendo dallo sport sino ad arrivare alla gente comune, quelle delle strade e dei quartieri di un’Italia logorata dal dopo guerra che, a fatica, cercava di rialzarsi dallo stramazzo del secondo conflitto mondiale. Si tratta della tragedia di Superga.
La strage
Era il 4 maggio del 49′ del secolo scorso. Enzo Loik, Franco Ossola, Valentino Mazzolla, insomma tutto il Grande Torino (compresi allenatori, dirigenti, giornalisti ed equipaggio di circostanza) stava rientrando a casa dopo l’amichevole portoghese di Lisbona giocata contro il Benfica (4-3 per i padroni di casa il finale).
Ma nessuno sapeva che quella, per il Grande Torino, sarebbe stata l’ultima volta su un terreno di gioco: tutti i passeggeri del trimotore Fiat G.212 (della compagnia aerea ALI, siglato I-ELCE) moriranno schiantati contro il muraglione del terrapieno posteriore della basilica di Superga durante il loro rientro a Torino.
Ricordati per sempre
Tutto il mondo del calcio e non solo, da quel giorno sino ad oggi, ricorda con dolore la tragedia di Superga che coinvolse una delle squadre più forti della storia del calcio.
Anche la Fifa, in memoria del Grande Torino, ha istituto la Giornata mondiale del giuoco del calcio che ricorre, per l’appunto, ogni 4 maggio per ricordare la terribile strage del 1949.