Nella parte sud dell’atollo di Laamu nelle Maldive, l’isola di Gaadhoo presidia una rotta fondamentale per le navi che vanno dall’Africa verso l’Asia. Nel 2015 Abdulla Yameen, presidente delle Maldive, ha ordinato alle poche centinaia di abitanti di Gaadhoo di spostarsi a vivere su un’isola vicina, Fonadhoo. A prima vista, non stiamo parlando di luoghi di primaria importanza per la geopolitica mondiale. Però secondo i politici maldiviani e i diplomatici stranieri Gaadhoo sarà lo scenario della prossima fase del grande gioco per il controllo dell’Oceano Indiano.
Si sussurra da più parti che Yameen abbia segretamente promesso l’isola alla Cina, che vorrebbe costruirvi una base militare, per la grande rabbia di India e Stati Uniti. L’interesse cinese per l’Oceano Indiano non è un segreto per nessuno. Infatti attraverso quest’oceano passano molte rotte marittime utilizzate da navi che trasportano esportazioni ed importazioni cinesi. Negli ultimi anni le autorità di Pechino hanno provato ad ingraziarsi gli stati litoranei con promesse di grandi investimenti infrastrutturali nell’ambito del piano delle Nuove Vie della Seta.
L’Asia Meridionale ha certamente urgente bisogno sia di nuove infrastrutture che dell’ammodernamento di quelle esistenti, soprattutto per far decollare il commercio regionale. Il Subcontinente Indiano, pur avendo una popolazione di un miliardo e settecento milioni di persone ed economie in rapida crescita, è la regione meno integrata al mondo. Secondo la Banca Mondiale, nell’Asia Meridionale il commercio intra-regionale è solo il 5% del totale, mentre in Asia Orientale è il 35% ed in Europa il 60%. Questa situazione rende le promesse cinesi di costruire nuove strade, porti e ferrovie particolarmente attraenti.
Nelle Maldive, un paradiso turistico, la China Communications Construction Company sta costruendo un ponte che collegherà l’aeroporto con la capitale Malè, varie strade ed un grande ospedale. Nello Sri Lanka, società cinesi hanno costruito un aeroporto ed un porto nella città di Hambantota, ammodernato il porto della capitale Colombo, lanciato i lavori per la costruzione di un’autostrada che colleghi il sud e il nord del paese. È ancora più importante l’impegno cinese per il vecchio alleato Pakistan, sotto forma del China-Pakistan Economic Corridor. Xi Jinping ha promesso al governo pakistano 60 miliardi di dollari di investimenti, per costruire soprattutto centrali elettriche, ma anche strade, zone industriali, oleodotti e un grande porto nella città di Gwadar.
L’attivismo di Pechino nella regione dell’Oceano Indiano preoccupa molto le elites indiane, visto che Nuova Dehli è stata per decenni la potenza principale della regione e non vuole essere scalzata da questo ruolo. Anche americani, australiani e giapponesi guardano con sospetto alle intenzioni di lungo termine della Cina; temono che le autorità cinesi vogliano dotarsi di una rete di basi militari attorno all’Oceano Indiano, cosa che minaccerebbe la superiorità della marina militare Usa nella regione. Come sostiene Andrew Small del think-tank German Marshall Fund, il pericolo adesso è che la competizione geopolitica nell’Oceano Indiano diventi un gioco a somma zero.