La resa dei conti sul presunto attacco chimico del 7 aprile è vicina. Nel giorno in cui gli ispettori OPAC sono entrati a Duma, la prima scoperta viene da Mosca. Sono, infatti, i militari russi a riferire del ritrovamento di un laboratorio probabilmente usato dai miliziani per fabbricare armi chimiche.
Alexander Rodionov, portavoce delle truppe radiologiche e chimiche in Siria, informa la tv Rossiya-24. E il canale Svezda trasmette immediatamente la notizia. I militari stavano svolgendo un’ispezione, quando si sarebbero imbattuti nel magazzino di sostanze tossiche necessarie alla produzione di armi chimiche. Tra i composti ritrovati, ci sarebbero tiodiglicolo e dietanolammina, ‘ingredienti‘ essenziali per la produzione della letale iprite azotata che, il 7 aprile, ha condannato a morte oltre 100 cittadini inermi. “Inoltre, è stato ritrovato un contenitore di cloro”, informa il canale. Ulteriore elemento di connessione tra il magazzino e l’attacco chimico di Duma.
Adesso, gli esperti russi studieranno le sostanze. E perlustreranno il laboratorio, dove avrebbero ritrovato anche documenti con calcoli di formule e proporzioni chimiche. Una vera fabbrica della morte. La scoperta, peraltro, potrebbe giocare un ruolo di primo piano sulla scacchiera internazionale. E cambiare il giudizio dell’opinione pubblica sul regime di Assad. Ѐ presto per dirlo. Eppure, i militari russi sono sicuri: il magazzino, collocato nell’insospettabile seminterrato di un edificio residenziale, sarebbe stato usato dai miliziani per mettere in scena il falso attacco chimico. Rodionov è certo: “Si può concludere che questo laboratorio è stato utilizzato dai gruppi armati illegali per creare agenti tossici”.
La resa dei conti, dunque, è vicina. Forse più vicina di quanto ci si aspettava. Anche se il ministro degli Esteri francese avvertiva, questa mattina, che le prove dell’attacco chimico sarebbero scomparse da Duma. L’esercito russo, infatti, presidia – insieme alle truppe di Assad – il luogo dove avrebbero perso la vita almeno 40 persone. E pare che non stia concendendo l’accesso all’area agli ispettori dell’OPAC. Non sembra, pertanto, che dovremmo temere la scomparsa delle prove quanto, piuttosto, che tutti trovino le prove che vogliono trovare.