A Menlo Park, raccolgono ancora i cocci di Cambridge Analytica. Ammesso che le scosse di datagate, sulla Silicon Valley, siano finite. E, in effetti, ‘ormai‘ da qualche giorno, il sisma-privacy sembra risparmiare Facebook e il suo torchiatissimo grande capo. Mark Zuckerberg è sceso da Capitol Hill. E le sue 10 interminabili ore di audizione hanno rassicurato Wall Stret, riportando in salita il titolo del suo impero.
E se gli azionisti sorridono e i senatori sbuffano, i tabloid cercano. Il Guardian, che ha aperto il vaso di Pandora di Cambridge Analytica, non sembra voler mollare il re di Facebook, giunto ad un soffio dalla ghigliottina. E, oggi, torna all’attacco, rivelando l’impennata di spese che il Network in blu ha registrato, nel 2017, per mantenere la sicurezza del suo ceo.
7,3 milioni di dollari. Un incremento che, ai cronisti del Guardian, è parso piuttosto esoso. Nel 2016, infatti, per la sicurezza di Zuckerberg erano stati investiti 4,3 milioni di dollari. Ma, a fare i conti in tasca a Facebook, non è il quotidiano di Manchester. La cifra si può leggere nel report che Menlo Park ha deposito alla Security Exchange Commission. E che il Guardian ha deciso di diffondere. Secondo Facebook, è chiaro, i costi sono appropriati e necessari. Ma Jon Swaine, il reporter che ha condotto l’inchiesta, denuncia come, a far lievitare il conto, siano la sorveglianza della casa privata di Zuck e gli stipendi delle guardie del corpo che lo scortano ovunque. Spese che, di fatto, non riguarderebbero Menlo Park. La difesa del gigante di San Josè non tarda ad arrivare: “Riteniamo che queste misure di sicurezza vadano a vantaggio dell’azienda vista l’importanza che Zuckerberg ricopre in Facebook”. E, considerati i 24 miliardi che le parole di Mr Zuckerberg hanno fatto recuperare al titolo dopo lo scorso mercoledì, potremmo anche dare ragione a Facebook.
Nel mirino del Guardian, anche la numero 2 di Menlo Park, Sheryl Sandberg. Per la sua sicurezza, Facebook ha speso – nel 2017 – quasi 3 milioni di dollari, più del doppio rispetto al 2015. Ma Manchester svela altri dati ricavati dal report depositato alla SEC, come la spesa di 1,5 milioni per i viaggi di re Zuckerberg sul suo aereo privato. Oltre agli strumenti di controllo e difesa delle sue ville di San Francisco e Palo Alto.
Insomma, a San Josè, si spendono quasi 8 milioni di dollari per proteggere Zuckerberg. Un dato sorprendente. Ma sembra che Facebook sia libero di gestire il proprio guadagno come meglio crede. A differenza di quanto dovrebbe fare con i dati dei suoi utenti. Quella è un’altra storia, certo. Il messaggio del Guardian è abbastanza chiaro: Zuckerberg non è Facebook. Ma probabilmente non è altrettanto chiaro che il ceo ha scelto di ancorare il suo guadagno ad un unico simbolico dollaro all’anno. Qualche milione in più per la sua sicurezza può essere tollerato. Forse possiamo lasciare in pace Zuck per qualche altro giorno.