A volte, anche i grandi copiano i più piccoli. E, questa volta, il caso può far discutere più del solito, perché il grande in questione è Facebook. Menlo Park ha copiato Cernusco sul Naviglio. Lo aveva già stabilito la sentenza di primo grado. Ma a confermarlo, oggi, è la corte d’Appello di Milano: il gigante di San Josè è colpevole di violazione del copyright e concorrezza sleale nei confronti di una piccola software house dell’hinterland milanese, la Business Competence.
Al titano dei social network, sopravvissuto alle 10 ore di audizione che mercoledì scorso torchiavano Zuckerberg, la Business Competence di Cernusco sarà apparsa – da sempre – piuttosto piccola. Forse per questo, Menlo Park aveva deciso di rubare alla società un’applicazione. L’app si chiamava Faround e, in California, è approdata con il nome di Nearby. Con questo insospettabile piccolo furto, Facebook si assicurava la possibilità di individuare la posizione dell’utente e di indirizzarlo verso i bar e i ristoranti più vicini ai suoi gusti.
Il caso va avanti da anni. Nel 2016, l’impero di Menlo Park aveva richiesto di sospendere l’esecutività della sentenza di primo grado che proibiva a Facebook l’utilizzo di Nearby. Ma, già nella fase cautelare dell’appello, i giudici avevano respinto l’istanza del colosso di Zuckerberg. Oggi, la sentenza è integralmente confermata.
Il danno non è stato ancora quantificato. E sul Facebook ancora scosso da datagate, che – seppur con qualche ripresa – ha perso miliardi e miliardi nelle scorse settimane, un risarcimento all’azienda di Cernusco potrebbe non influire troppo. Dunque il quantum non sconvolgerà i titoli di Menlo Park, ma i suoi sviluppatori (e i suoi vertici) stanno imparando qualcosa. Non solo sulla gestione della privacy. E, questa volta, la lezione non viene dai grandi parlamentari di Washington. Viene da una piccola società di Cernusco sul Naviglio.