La Fondazione Agnelli elabora i dati Istat sull’evoluzione demografica. Lo scenario prospettato per la scuola italiana è drammatico: nei prossimi 10 anni, l’Italia perderà almeno 1 milione di studenti.
Una parabola così declinante non si avrà in nessun altro paese europeo. Se oggi, in Italia, la popolazione in età scolare è di circa 9 milioni, tra 10 anni sarà già scesa ad 8 milioni. Questo processo comporterà una netta – e drammatica – dimunuzione del numero di classi e, di conseguenza, del numero di insegnanti. A rischio, nel prossimo decennio, almeno 55mila cattedre. Nessuna regione italiana sarà immune dal calo, con un primato (molto poco meritevole) a Sardegna e Campania, in cui gli iscritti alla scuola primaria diminuiranno rispettivamente del 24% e del 20%.
Per qualche anno, il Centro-Nord vedrà una timida crescita degli studenti della scuola media. Un trend che, ben presto, sarà smentito e le regioni del Centro e del Nord si uniranno al Sud. In totale, nel 2028, avremo perso quasi 10mila classi di scuola media. Meno drammatica la riduzione degli iscritti in licei ed istituti superiori: 3mila classi in meno nel prossimo decennio.
A fare le spese di questa grave riduzione, sarà dunque il numero delle cattedre. Del fenomeno cominceranno a risentire prima i gradi inferiori di istruzione. Inoltre, la mobilità dei docenti subirà un forte raffreddamento, con una diminuzione della possibilità di trasferirsi dal Sud al Centro-Nord per entrare in ruolo. Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, ha espresso preoccupazione soprattutto in merito al turnover. “A risentirne sarà la capacità di innovazione didattica dell’intero sistema d’istruzione”, ha commentato.
Qualcuno suggerisce di non adottare alcuna contromisura. Peraltro, una riduzione dell’organico porterebbe ad un risparmio annuo di quasi 2 miliardi di euro. Si potrebbe cominciare dal desaturare le facoltà umanistiche. Così, forse, potremmo evitare di creare nuovi disoccupati.