La curva sud dello stadio di Cosenza porta il suo nome. E la sua città ‘di adozione’, dopo 20 anni di misteri, non ha mai ritenuto credibile l’ipotesi di un suicidio. Così come i familiari, i tifosi, i compagni di squadra. Denis Bergamini moriva, sulla statale 106 Jonica, nel novembre 1989. Cinque giorni prima, giocava la sua partita contro il Monza.
Ѐ ancora novembre, ma sono passati quasi 30 anni, quando l’autopsia rivela (finalmente) le circostanze della morte del calciatore. Non si tratta di un suicidio. Denis Bergamini è stato ucciso, soffocato e gettato sotto un camion per inscenare un suicidio a cui nessuno – per 28 anni – ha voluto credere. Oggi, ‘La Gazzetta dello Sport’, svela la trascrizione delle conclusioni dei periti. Il centrocampista rossoblu fu stordito col cloroformio, soffocato con un sacchetto di plastica e schiacciato, molto probabilmente già morto, dalla ruota del camion.
30 anni di menzogne, insabbiamenti ed errori non hanno mai fermato la lotta dei familiari per la verità. Una verità ottenuta grazie ai test che hanno ribaltato l’esame autoptico del 1990. La prima autopsia, infatti, presentava evidenti incongruenze. Evidenti come il fatto che Bergamini fosse già morto quando è stato schiacciato dalla ruota del camion. L’imprecisione dei medici legali supportava una tesi, comunque messa in dubbio dall’incidente probatorio. Il corpo di Denis, travolto dal camion, non presentava incredibilmente segni di trascinamento. E, inoltre, i racconti dell’ex fidanzata apparivano lacunosi e frammentari.
Il ‘tuffo’ del calciatore non convinceva nessuno. Probabilmente, neppure Isabella Internò. L’ex fidanzata che era stata autrice di quella geniale fantasia. Secondo il suo racconto, infatti, Denis si sarebbe ‘tuffato’ sotto le ruote del mezzo e, in tal modo, sarebbe stato drammaticamente tranciato. Peccato che, al momento del tuffo, fosse già morto. E il camion procedeva, persino, a bassa velocità. Insomma, tuffarsi da morto sarebbe stato impossibile, anche per un grande sportivo come Denis.
La salma del centrocampista, riesumata nel luglio 2017, era straordinariamente intatta. E questa circostanza ha favorito l’uso della decisiva glicoforina, proteina usata per dimostrare una eventuale vitalità nelle lesioni. Tracce di sangue tra laringe e trachea, assolutamente ignorate nell’autospia del ’90, rivelano una morte per soffocamento. Non ci sono dubbi: Denis Bergamini è stato ucciso.
Ad ogni modo, l’inchiesta è tutt’altro che conclusa. Il movente è ancora incerto. E tre sono gli indagati. L’ex fidanzata, Isabella Internò, l’autista del camion, Raffaele Pisano, e il marito di Isabella, Luciano Conte, recentemente finito nell’inchiesta con l’accusa di favoreggiamento personale. “La mia idea è quella suffragata dalle prove: evidentemente qualcuno, quando ha saputo dell’aborto di Isabella, ha voluto in qualche modo punire Denis”. A parlare è Luigi Simoni, amico fraterno di Denis e portiere del Cosenza durante quella gloriosa stagione in cui, sotto la guida di Bruno Giorgi, la squadra sfiorò la Serie A. Si riferisce all’aborto dell’ex fidanzata di Bergamini, avvenuto a Londra, qualche mese prima della sua morte. “Nessuno, fino a oggi, ha mai avuto il coraggio di andare fino in fondo a questa storia”, lamenta Simoni. E forse sarebbe anche il momento, di andare fino in fondo.
La verità mette a tacere decenni di menzogne che Denis non meritava. Ma premia la prima vittoria di una battaglia che la sua famiglia non si è mai stancata di combattere. Nessuna delle sue famiglie. Neppure l’amata curva Sud che, oggi, porta il suo nome.