A Menlo Park, (quasi) tutto è pronto per domani. E, questa volta, lo scenario non sarà la Silicon Valley. I vertici di Facebook sono a Washington per l’attesissima audizione in cui il timido Mark dovrà spiegare il ruolo del network in datagate. E dovrà spiegarlo al cospetto del Congresso degli Stati Uniti d’America.
Oggi, sale – impacciato – le scale del Campidoglio. Il suo volto non nasconde la tensione. Zuckerberg è alla resa dei conti.
Mr Zuckerberg a Capitol Hill: una strategia non troppo convincente
Prova ad abbozzare qualche sorriso. E difficilmente ci riesce. Il re di Facebook ha lasciato a San Josè i suoi abiti tradizionali. E si è presentato, a Capitol Hill, in abito scuro e cravatta blu. Blu come Facebook. Ha incontrato, poche ore fa, il presidente della Commissione Giustizia, il senatore Chuck Grassley. La prima battuta di una partita che agita gli animi di Menlo Park e tiene tutto il mondo col fiato sospeso. Nessuna dichiarazione alla stampa. Probabilmente, per i suoi gusti, Zuck ha già parlato abbastanza con i giornalisti. Solo 5 giorni, ammettendo i propri errori, si era assunto – in un’intervista rilasciata spontaneamente – ogni responsabilità. Ad ogni modo, dopo Grassley, il ceo, braccato dai fotografi, ha fatto visita al senatore democratico Bill Nelson, presidente della Commissione Commercio. Ma, probabilmente, Zuck sarà stato poco convincente. “Se non ce ne occuperemo, nessuno di noi avrà mai più un po’ di privacy”, ha commentato Nelson scettico.
Insomma, nonostante i coach assunti per prepararlo, Mr Zuckerberg non sembra diventato troppo persuasivo.
Le attesissime audizioni: la testimonianza di apertura
In Italia, saranno le 20:15, oggi, quando Mark testimonierà al Senato. A Washington, le 14:15. Ma è alla Camera che si disputerà il Super Bowl. E il countdown, ormai, segna meno di 24 ore: Zuckerberg parlerà alla Commissione Energia e Commercio alle 10 di domani (le 16, in Italia). Da poco è stata diffusa la testimonianza di apertura. E la linea del ceo non è cambiata. “Ѐ stato un mio errore e mi scuso. Ho fondato Facebook, lo gestisco e sono responsabile per ciò che vi accade”, così esordirà domani.
La testimonianza del più giovane miliardario del mondo potrebbe non essere parecchio entusiasmante. Anzi, probabilmente, sarà piuttosto prevedibile. Come si dice in Silicon Valley, “move fast and break things”. Muoviti velocemente e rompi le cose. E di questo motto, Zuckerberg sembra portare il vessillo. Fin dai tempi di Facemash, il prototipo di Facebook con cui aveva violato – da studente – i server di Harward. “Mi scuso per tutti i problemi che ho causato con la mia condotta”, aveva dichiarato al senato accademico. Era il 2013. E, tra qualche ora, 5 anni dopo, le sue parole potrebbero essere non troppo diverse. Diverso sarà, del resto, ‘soltanto‘ il senato che le ascolterà.