Ѐ stato un verdetto sofferto, discusso, destinato a polemiche. Ma, alla fine, la Corte Suprema del Brasile ha deciso. E, con una maggioranza di 6 contro 5, potrebbe mandare in carcere l’amatissimo Luis Inazio Lula de Silva. Il Tribunale Federale ha, infatti, respinto l’istanza di habeas corpus presentata dal collegio difensivo: la richiesta di libertà provvisoria è stata negata. Anche al politico più amato del Brasile.
Lula de Silva è il favorito alle prossime presidenziali. E i giudici hanno tenuto il suo popolo con il fiato sospeso per 10 ore. Milioni di brasiliani hanno atteso una sentenza che, a sorpresa, si è rivelata sfavorevole. Nessuno avrebbe scommesso, infatti, sul voto a sfavore di Rosa Weber, la magistrata che – fino alla mattina precedente – si era detta contraria alla condanna in carcere. La Weber, invece, si è espressa contro l’habeas corpus. E poco importa che si tratti della più ridotta delle maggioranze possibili. Nelle aule federali, si è consumato un lungo dibattimento ad altissima tensione, tra liti e pareri contrastanti. A uscirne sconfitto non è solo Lula de Silva, condannato già a 9 anni, in primo grado e a 12, in appello. Il verdetto condanna il popolo brasiliano che, in larga maggioranza, lo ho sempre difeso e sostenuto. Eppure, il Tribunale Federale non ha dubbi: il popolarissimo ex presidente è colpevole di corruzione passiva e riciclaggio.
“Lula vale la lotta”. Ѐ questo il nuovo slogan dei suoi compagni, l’urlo dei suoi sostenitori, schierati all’ingresso dell’Alta Corte. Ma altri, a Brasilia, manifestavano contro Lula e gli scontri sono stati inevitabili. Per milioni di brasiliani, infatti, Lula de Silva è il presidente per eccellenza, è un eroe nazionale (vittima di una cospirazione), è il simbolo del riscatto di poveri e diseredati. Per loro, Lula è il Brasile.
Tuttavia, Lula de Silva andrà in carcere. Anche se non subito, probabilmente. Ha, infatti, un altro ricorso (sebbene non di merito) pendente presso il Tribunale Federale della IV regione. Questo potrebbe tenerlo al riparo dal carcere, forse ancora per qualche giorno.
Un solo voto vale, dunque, la fine della libertà per l’uomo venuto dal nulla, per il lustrascarpe poverissimo che è diventato il presidente della più grande democrazia del Sud America. Nessun privilegio. Neanche per un uomo come lui. E, se Lula fosse colpevole, il Brasile – oggi – avrebbe dato al mondo una importante, e spesso dimenticata, lezione di diritto.