“Considero grave quello che è avvenuto a Bardonecchia. Con tempestività si è convocato l’ambasciatore francese a Roma e la nota della Farnesina, a cui come appare evidente si è lavorato insieme, rappresenta la posizione di tutto il governo. In sintesi, ad un fatto grave c’è stata una risposta all’altezza da parte dell’Italia”. Così il ministro dell’Interno Marco Minniti, intervistato da Il Giornale, ha commentato il blitz della dogana francese in un centro migranti di Bardonecchia.
Minniti tra Bardonecchia e il rischio terrorismo
Minniti ha poi parlato del rischio attentati in Italia che “era e rimarrà alto”. “Ecco perché è importante l’aver creato un metodo per governare i flussi migratori. Se un anno fa mi aveste chiesto se è possibile che questi soggetti si mischino coi flussi dei migranti avrei risposto ”no’ perché un anno fa questi gruppi sarebbero stati degli assetti nobili (combattenti, ndr) di Is e tu un assetto nobile non lo mandi in Europa con i rischi dei flussi migratori. Dal momento che la fuga è individuale viene lecito pensare che la via migliore sia quella di una rotta già aperta, quella dei trafficanti di esseri umani”.
“In 16 mesi abbiamo creato un metodo, partendo dalla restituzione di quattro motovedette alla Libia – continua Minniti – Nessuno avrebbe mai scommesso che sarebbero servite a qualcosa. Oggi hanno fatto più di 25mila operazioni di search and rescue. In questo momento in Libia, grazie alla nostra iniziativa, operano l’Oim e l’Unhcr. È un successo del Sistema Paese. L’Italia è un Paese che crede nel governo dei flussi migratori”.
Migranti, il punto di Minniti
Secondo il ministro dell’Interno, “coloro che hanno diritto alla protezione internazionale non li portano più gli scafisti, ma le organizzazioni governative d’intesa con la Cei, come è giusto che sia”. “Coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale vengono, invece, rimpatriati dall’Oim con rimpatrio volontario assistito, ovvero con un budget per rifarsi una vita”, prosegue Minniti.
Infine un riferimento alla lista dei foreign fighters che “viene continuamente aggiornata” anche se “si parla di cifre relativamente piccole rispetto agli altri Paesi europei, intorno ai 120 soggetti, di cui una parte presuntivamente morti”. “Quelli che sono ancora in Italia sono monitorati. Tra loro c’è qualche italiano radicalizzato. Tuttavia chi ha compiuto gli attentati in Europa non proveniva dalla Siria e dall’Iraq, erano figli di una mancata integrazione. Questo ci deve far riflettere”