Si decideranno entro luglio le sorti dell’ex Cavaliere: il Tribunale di Sorveglianza di Milano delibererà nei prossimi mesi sulla riabilitazione politica di Silvio Berlusconi. L’udienza si terrà in Camera di consiglio e non prevede la presenza delle parti. La composizione sarà collegiale: due giudici togati e due giudici onorari emetteranno la sentenza che potrebbe rilanciare (o far soccombere) il futuro del leader di FI.
A piazza San Lorenzo, a Roma, sono tutti fiduciosi: gli effetti della legge Severino decadranno e il loro presidente sarà nuovamente candidabile. L’articolo 15 della Severino, infatti, sancisce l’incandidabilità al Parlamento per i sei anni successivi a una condanna definitiva. Eppure, i fedelissimi di Berlusconi non hanno mai accettato un provvedimento, contro cui l’ex Cavaliere ha ricorso anche di fronte alla Corte Europea dei diritti dell’uomo. Strasburgo, però, non si esprimerà prima del prossimo autunno. Ma è parere diffuso, a Forza Italia, che la sentenza della Corte Europea sia, nei fatti, quasi inutile. “Strasburgo non serve più alla riabilitazione”, ha affermato Vittorio Sgarbi a Radio Capital, aggiungendo: “Berlusconi potrà ricandidarsi nel giro di un mese”.
E Sgarbi potrebbe avere ragione. Il Codice Penale, infatti, consente di chiedere la riabilitazione alle funzioni politiche (finora precluse a Berlusconi) dopo 3 anni dall’esecuzione della pena. A partire, quindi, dallo scorso 8 marzo. Vi sono, peraltro, condizioni favorevoli a una sentenza di riabilitazione: buona condotta, inserimento in società. Altre condizioni – tuttavia – potrebbe complicare la decisione dei giudici, in primis i numerosi altri procedimenti che gravano sull’ex Cavaliere. Riemerge, infatti, il caso Ruby ter: gli inquirenti riferiscono di alcuni versamenti alle ‘olgettine’ che risalibbero al 2016, quando Berlusconi aveva già espiato la sua pena.