“Il giornalista Lirio Abbate chiamò il mio avvocato dicendogli che, se avessi denunciato i giornalisti Messina e Zoppi per diffamazione, l’Espresso avrebbe pubblicato un dossier su mie presunte e inesistenti pratiche pedopornografiche in Tunisia. Dissi al mio avvocato di riferire ad Abbate che non avevo nulla da temere”. Sono le parole che l’ex presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha rilasciato durante il processo per calunnia e diffusione di notizie false ai collaboratori dell’Espresso Piero Messina e Maurizio Zoppi.
I due giornalisti, nel 2016, furono gli autori dell’articolo sulla presunta intercettazione tra Crocetta e il suo medico, Matteo Tutino. Nella conversazione telefonica, sempre smentita dalla Procura, il medico, accusato di falso, truffa e peculato, avrebbe detto a Crocetta: “Lucia Borsellino va fatta fuori, come il padre”, riferendosi all’allora assessore regionale ai beni culturali. Dell’intercettazione, però, come ha ribadito oggi il perito del giudice, non c’è traccia nel fascicolo che riguarda Tutino.
Immediata la replica del vice direttore de L’Espresso, Lirio Abbate. “Respingo le calunniose accuse fatte oggi da Crocetta nei miei confronti”, ha detto. “Non ho mai pronunciato o pensato le frasi che l’ex presidente della Regione ha detto davanti ai giudici – aggiunge Abbate -. E non mi risulta l’esistenza di un dossier della natura di cui parla Crocetta”.