Non mancano i colpi di scena nella vicenda Facebook. Aleksander Kogan è finito al centro dello scandalo sulla raccolta dei dati di 50 milioni di utenti poi passati alla società di consulenza Cambridge Analytica che li avrebbe utilizzati per propaganda politica. Stando ai rumors del The Guardian, i rapporti erano solidi al punto tale che il social network nel 2011 trasmise allo stesso Kogan dati aggregati su ben 57 miliardi di “connessioni” sul social network.
Kogan ottenne l’accesso ai dati di “tutti i rapporti amicizia stabiliti sul social network nel 2011 in tutti i Paesi del mondo”. Una mole notevole di informazioni utilizzati per uno studio internazionale pubblicato poi nel 2015 dall’ateneo inglese in collaborazione con ricercatori delle università americane di Harvard e Berkeley sul tema “Personality and Individual Differences“. Studio firmato per altro con due ricercatori della stessa Facebook. Inoltre nel comunicato stampa di presentazione Cambridge aveva sottolineato come il suo lavoro fosse il “primo frutto della collaborazione di ricerca fra il laboratorio di Spectre e Facebook”.
Un accenno di ridimensionato da parte di Christine Chen, portavoce dell’azienda di Zuckerberg, la quale ha spiegato che quei dati erano “letteralmente numeri”, senza “informazioni personali identificabili”. Secondo Jonathan Albright, research director del Tow Center for Digital Journalism, “non è comune che Facebook condivida una simile mole di dati”. In altre parole, sarebbe un’ulteriore conferma allo stretto rapporto di “partnership di fiducia con Aleksandr Kogan/Spectre”.