Tra 15 giorni entreranno in vigore i dazi Usa sull’acciaio (al 25%) e sull’alluminio (al 10%). È la nuova misura vara da Donald Trump che ha così deciso di intraprendere una pericolosa e impopolare, quantomeno a livello internazionale, guerra commerciale.
La comunità internazionale, i mercati e le istituzioni finanziarie mondiali, persino il suo partito (con 107 repubblicani firmatari di una lettera-appello ad hoc) e alcuni ministri chiave, si erano detti fortemente contrari al provvedimento. Ma secondo Trump, dietro questa decisione, ci sono “esigenze di sicurezza nazionale”.
I dazi di Trump per le pratiche commerciali ingiuste
“Gli Usa ad un certo punto perseguiranno un programma di reciprocità di tassazione“, ha quindi spiegato Trump. La Casa Bianca ha elencato i motivi e una serie di numeri per spiegare come mai gli Usa siano diventati il più grande importatore al mondo di acciaio (con un volume quasi quattro volte quello che esporta) e di alluminio (nel 2016 era importato il 90% della domanda, +66% rispetto al 2012).
L’amministrazione Trump punta apertamente il dito contro le cosiddette “pratiche commerciale ingiuste” che avrebbero causato la perdita di 94mila posti di lavoro e la chiusura permanente dal 2012 di sei grandi fonderie. Trump si è quindi riservato di aumentare o abbassare i dazi in qualsiasi momento esentando all’occorrenza alcuni Paesi.
Le reazioni internazionali contro i dazi
Il segretario al commercio Wilbur Ross ha spiegato che le esenzioni saranno basate sugli interessi della sicurezza nazionale Usa. “Saremo molto equi e molto flessibili. Abbiamo relazioni molto buone con l’Australia, abbiamo un’eccedenza commerciale con questo Paese formidabile, un partner di lunga data”, ha detto Trump anticipando la sua esenzione dalle tariffe per alcuni paesi come Canada e Messico.
“Faremo qualche cosa con altri Paesi – ha aggiunto – Abbiamo amici e anche dei nemici che si sono approfittati enormemente di noi da anni su commercio e difesa. Se guardiamo la Nato, la Germania paga l’1% e noi paghiamo il 4,2% di un Pil molto più importante. Questo non è giusto“.
Intanto l’Ue non sta a guardare e prepara misure di ritorsione sino a 3,5 miliardi di dollari su un’ampia gamma di prodotti americani, realizzati in particolare nei “red state”. “Deploriamo profondamente l’annuncio di Trump sui dazi. L’Ue non vuole una guerra commerciale. Ma non accetteremo questo comportamento aggressivo dagli Usa senza reagire”, ha scritto in un tweet il presidente del gruppo Ppe all’Europarlamento Manfred Weber.
“La Ue è uno stretto alleato degli Stati Uniti e continuiamo a essere del parere che l’Ue debba essere esclusa da queste misure”, ha invece twittato il Commissario europeo per il commercio, Cecilia Malmstrom. “Cercherò maggiore chiarezza su questo tema nei giorni a venire. Non vedo l’ora di incontrare il rappresentante Usa per il commercio Robert Lighthizer sabato a Bruxelles per discuterne”.
Non meno decisa è anche la Cina, il vero bersaglio del provvedimento di Trump che minaccia “un’appropriata e necessaria risposta”. “Scegliere la guerra commerciale è una soluzione sbagliata. Alla fine si danneggiano gli altri e se stessi”, ha affermato il ministro degli Esteri Wang Yi.
Il Tpp di Obama contro i dazi Usa
Ma il vento delle ritorsioni spira anche su altri undici Paesi che hanno firmato in Cile una nuova versione del Tpp. Si tratta di un accordo di libero scambio che copre 500 milioni di consumatori abbattendo i dazi. L’intesa era stata proposta negli anni scorsi da Barack Obama, ma poi Trump aveva deciso di uscirne. Adesso la Cina potrebbe entrare.