C’è una Guerra di cui non si parla mai, una Guerra che il mondo ha completamente dimenticato. Si tratta del conflitto che ha fatto più vittime dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, più del Vietnam, più della Corea, più della Siria e dell’Iraq.
Si tratta della Guerra civile che a intermittenza devasta la Repubblica Democratica del Congo dal 1998 e che si stima abbia fatto forse cinque milioni di vittime,molte delle quali civili. Questa tragica guerra nel cuore dell’Africa sta purtroppo da alcuni mesi vivendo una fase di recrudescenza.
Prima di tutto facciamo un po’ di storia; la Repubblica Democratica del Congo fu una colonia belga fino al 1960,anno in cui ottenne l’indipendenza; fu poi governata dal 1965 al 1997 dal tirannico e grottesco dittatore Mobutu, che fra le altre cose saccheggiò le ricchezze del paese per se’, per i propri familiari e per un ristretto gruppo di accoliti. Sostanzialmente la guerra civile congolese cominciò nel 1998, un anno dopo la morte di Mobutu, quando il paese era sotto il governo del debole e inetto Laurent Kabila e implicò fin da subito milizie armate locali interessate alle enormi ricchezze minerarie del paese e gli eserciti regolari di ben otto altri stati africani, compresi Angola, Zimbabwe e Namibia.
Una delle micce che fece esplodere questo conflitto fu il drammatico genocidio avvenuto nel 1994 nel confinante Ruanda, visto che i miliziani Hutu responsabili di quell’orrore si rifugiarono in gran parte proprio in Congo. Un elemento particolare di questo conflitto armato è stata l’incredibile violenza che hanno dovuto sopportare le donne congolesi, vittime di centinaia di migliaia di stupri. Nel 2001 Laurent Kabila fu assassinato e divenne presidente, carica che conserva tuttora, suo figlio Joseph. Anche se a partire dal 2003 le violenze sono diminuite, anche per l’intervento di una grande forza di caschi blu dell’Onu, per i congolesi la vita quotidiana resta un inferno. Lo stato di diritto non esiste. Milizie armate proliferano soprattutto nella parte orientale del paese.
I soldati dell’esercito regolare terrorizzano e rapinano commercianti e semplici agricoltori. I servizi pubblici praticamente non esistono. Peraltro a partire dal 2016 il conflitto sembra essersi riacutizzato:nella capitale Kinshasa sono quasi quotidiane le proteste di piazza contro il sempre più impopolare presidente Joseph Kabila, e in 10 delle 26 province del paese negli ultimi due anni sono ripresi scontri violenti fra milizie a base etnica. Cinicamente, il resto del mondo da vent’anni ignora questa tragica guerra civile, forse perchè il Congo è lontano dall’Occidente e le sue convulsioni, trattandosi di un’economia piccola, non hanno particolari effetti sui mercati finanziari globali.
In realtà la comunità internazionale dovrebbe occuparsi di più di questa tragedia, e non solo per mere ragioni umanitarie (dopotutto i congolesi sono esseri umani che meriterebbero vite migliori); è’ un paese di grandi dimensioni (poco più piccolo dell’India), situato in una posizione strategica al centro dell’Africa. Inoltre confina con altri stati fragili che sono Stati (Ruanda, Angola) o sono (Sudan del Sud,Repubblica Centrafricana) teatro anch’essi di conflitti armati. Dunque sarebbe bene che a Washington, Pechino, nelle cancellerie europee e nelle capitali dei più importanti stati africani come Sudafrica o Nigeria si prestasse attenzione alla tragedia che sta avvenendo nel cuore dell’Africa, mantenendo i finanziamenti alla missione Onu e valutando con urgenza quali altri passi compiere per riportare la pace in Congo.