Red carpet, passerella, presentazione e… bacio saffico! Si apre così la 68esima edizione del Festival di Berlino. Valeria Golino e Alba Rohrwacher si sono concesse un bacio d’augurio che di certo non è passato inosservato ai flash fotografici. Gesto che fa da apripista all’unico film italiano che concorre al Festival, ossia “Figlia mia“, di cui le attrici sono protagoniste assolute. Il film è stato realizzato dalla regista Laura Bispuri in Sardegna.
Festival di Berlino, quel bacio all’improvviso
Simbolo di una complicità nata sul set quello che ha unito Valeria Golino e Alba Rohrwacher, protagoniste del film tutto al femminile “Figlia mia”, l’unico in concorso al Festival di Berlino. Le due attrici si sono dichiarate soddisfatte per la riuscita del progetto: “Ci siamo vicendevolmente sostenute, dicendoci subito la verità, aprendoci senza scrupoli l’un l’altra, mettendoci per così dire a nudo. L’una ha reso l’altra migliore”.
“Figlia mia”: unico film italiano in concorso al Festival di Berlino
È stato presentato ieri alla Berlinale 2018 “Figlia mia”, unico film italiano a partecipare all’evento. Il film è stato realizzato da Laura Bispuri, tra l’altro ideatrice del film “Vergine giurate”, con la quale esordì sul parterre tedesco. Girato tra Cabras, Riola Sardo, San Vero Milis e Oliena, nella parte occidentale della Sardegna, il film ruota attorno a due figure femminili, entrambe madri della stessa bambina. Valeria Golino interpreta Tina, una madre amorevole che si prende cura di sua figlia Vittoria di dieci anni. Invece Alba Rohrwacher indossa i panni di Angelica, madre naturale e dalla fragilità innata che sfoga con l’alcool. Le due donne si contenderanno l’amore di Vittoria. L’una, Tina, moglie di Umberto (Michele Carboni), lotterà per conquistare la piccola Vittoria che sente sua, in quanto è stata proprio lei a crescerla. L’altra, Angelica, vede in quella bambina il riscatto ai suoi disastri frutto di un passato difficile.
Dualismo che sta alla base della scelta di realizzare il film in Sardegna, proprio come ammette la stessa regista: “Una terra che ha un paesaggio con un’identità fortissima, ma che allo stesso tempo è alla ricerca di una nuova identità, proprio come i miei personaggi”. La Bispuri ammette anche la natura velatamente politica del suo film, dal momento che non solo si reputa stanca di “vedere film con donne che aspettano il marito in casa, vedere il mondo femminile così banalizzato”, ma il suo intento è uno solo: “Costruire personaggi femminili a tutto tondo, esplorarli nelle pieghe delle loro imperfezioni: penso che la mia strada proseguirà per questa direzione”.