La notizia è che, per una volta, all’All-Star Game NBA, anche solo per un possesso, si è difeso sul serio. Sull’ultima azione della partita, infatti, il Team LeBron, guidato da James, ha messo in piedi un’organizzazione di primissimo livello, per togliere ogni possibilità di segnare al Team Curry, battuto con il punteggio di 148-145 al termine di una grande rimonta partita nel secondo quarto, quando il distacco era di 15 punti.
Per il resto, come al solito, grande spazio all’entertainment, come testimonia il punteggio esagerato. Lo spettacolo e la ricerca della giocata hanno avuto per larghi tratti di gara la precedenza rispetto al risultato, rilevante solo nel finale. E non è un caso che, negli ultimi minuti, i giocatori in grado di alzare il livello per i possessi chiave siano stati LeBron James e Russell Westbrook, due che non vorrebbero perdere nemmeno con i loro figli.
MVP della partita, neanche a dirlo, è stato proprio James, che per la terza volta in carriera è stato votato migliore in campo dell’All-Star Game, a dieci anni dall’ultima. Un’edizione che, comunque, ha rappresentato un’ottima occasione per sperimentare il nuovo meccanismo dei roster scelti dai capitani, che ha spezzato la classica formula, ormai noiosa, dell’Ovest contro l’Est.