Emergenza acqua per i prossimi anni e nel 2030 si raggiungerà l’apice. In quell’anno si prevede, infatti, che quasi metà della popolazione mondiale, il 47%, potrebbe avere problemi di scarsità di acqua.
A prevederlo è lo Stockholm International Water Institute, secondo cui la dissalazione di acqua di mare potrebbe rappresentare una valida alternativa, ma bisogna assicurarsi che gli impianti e i processi siano realizzati nel rispetto degli ecosistemi naturali, ed è fondamentale che siano sviluppati standard nazionali ed internazionali.
Per Sergio Colagrossi, ingegnere ed esperto in tecnologie green, “è necessario escogitare soluzioni che tengano contro dei cambiamenti climatici e dell’emergenza idrica. Gli impianti di potabilizzazione dell’acqua di mare – continua – sono diffusi in tutta l’area del Mediterraneo. La crescente domanda di acqua potabile e la scarsità di risorse indurrà ad adottare sempre più impianti di desalinizzazione”, ha aggiunto.
Alcune criticità non riguardano però soltanto gli impatti che gli impianti hanno sull’ambiente. A preoccupare gli esperti sono anche alcune variabili che l’ambiente può introdurre negli impianti, come ad esempio la presenza di alghe che possono rilasciare sostanze tossiche.
Dallo studio presentato da Francesco Aliberti, professore presso l’Università ‘Federico II’ di Napoli, sull’impatto ambientale dello scarico del dissalatore di Lipari nel corpo idrico recettore, è emersa un’alterazione dell’ecosistema. In particolare, nelle aree dove le concentrazioni saline superano la soglia di tossicità, è stata evidenziata una regressione della posidonia oceanica, una pianta fondamentale per analizzare la stabilità dell’ambiente marino. Un impatto provocato anche dall’assenza di un’adeguata normativa ambientale a livello globale, europeo e nazionale.