[blockquote]Nikolas Cruz, il 19enne autore della strage di San Valentino a Parkland (Florida), ha ammesso le sue responsabilità nell’uccisione di 17 tra studenti e personale della Marjory Stoneman Douglas High School. Dal rapporto è emerso che dopo la cattura il giovane ha detto alla polizia di avere “iniziato a sparare agli studenti che vedeva nei corridoi e intorno alla scuola”.[/blockquote]
Strage in Florida, quel maledetto mercoledì di sangue
Mercoledì il 19enne è arrivato alla a bordo di un Uber con uno zaino e una sacca neri contenenti numerosi caricatori. Dopo la strage, Cruz ha abbandonato un gilet pieno di munizioni e il fucile semiautomatico AR-15 utilizzato per mimetizzarsi tra la folla, e allontanarsi dalla scena del crimine.
Successivamente Cruz è stato in un supermercato e poi in un McDonald’s, ed è stato arrestato 40 minuti dopo il massacro, identificato grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza nella scuola. Non è ancora chiaro il movente che ha spinto il ragazzo a compiere un simile gesto.
Strage in Florida, chi è davvero Nikola Cruz?
Gli inquirenti continuano a scavare nel suo passato fatti di passione per le ami, comportamenti controversi e problemi di condotta. Lo scorso anno fu espulso dalla scuola dove ha finito per spargere sangue. Spesso sparava contro polli di un vicino con una pistola ad aria compressa e quando il vicino si è lamentato, lui ha reagito tirando uova sul pickup.
All’indomani della sparatoria, il leader di un gruppo di nazionalisti bianchi della Florida ha detto che Cruz ne era membro. Il leader dell’organizzazione, Jordan Jereb, ha spiegato di non conoscere personalmente il ragazzo, che “ha agito da solo ed è il solo responsabile di quanto ha fatto”.
L’Fbi sta cercando di capire il coinvolgimento del 19enne nell’organizzazione e l’eventuale collegamento tra l’adesione al gruppo stesso e il folle gesto. L’Anti-Defamation League ha riferito che Cruz aveva partecipato ad alcuni esercizi di training del gruppo suprematista.
Strage in Florida, le accuse contro l’FBI
Il difensore che lo rappresenta ha descritto il diciannovenne come un “giovane distrutto” e “molto rattristato” per quello che è successo. “Questo è un giovane emotivamente distrutto“, ha detto ai giornalisti il legale aggiungendo: “Ha subito molti traumi. Ha sofferto di gravi malattie mentali e di gravi traumi mentali”. Mentre il presidente americano Donald Trump – un sostenitore della lobby pro-armi – si è limitato a promettere scuole più sicure
Intanto scoppia la polemica sull’operato dell’Fbi. Lo scorso settembre la polizia federale era stata avvertita di un commento lasciato su un video YouTube: “Ho intenzione di essere un professionista che spara nelle scuole“. Il giorno dopo due agenti dell’Fbi interrogarono la persona che fece la segnalazione, ma non seppero trovare la persona che lasciò quel commento.
Foto da Twitter