Fabrizio De André, di cui abbiamo assistito alla biografia cinematografica in tv, nasce a Genova nel 1940 da una ricca famiglia borghese di cui ben presto stenta a seguire le regole. Giuseppe De André, imprenditore, intellettuale e personaggio di spicco nel contesto cittadino, vorrebbe che il figlio conseguisse la laurea in giurisprudenza per una serena e prestigiosa carriera, ma Fabrizio pur comprendendo le aspettative paterne non può soddisfarle per seguire la propria passione per la musica ma, soprattutto, la sua visione poetica della vita; ed il padre finalmente comincia a comprendere questo figlio ribelle ma poeta, tanto che al rientro da un viaggio da Parigi gli porta due 78 giri di George Bresson, autore francese da lui amato.
Intanto negli anni sessanta comincia a formarsi un gruppetto di amici tutti poeticamente “visionari”, cantautori e genovesi, che si ritrova ogni sera in un locale in Via del Campo, oggi museo: nasce così la ”scuola genovese”, un movimento culturale ed artistico prevalentemente legato alla canzone d’autore. Questi ragazzi si chiamano Bruno Lauzi, Luigi Tenco, Paolo Villaggio, Gino Paoli, Umberto Bindi. Sono “i mitici cantautori genovesi“, come verranno definiti: artisti autentici che vivono il ’68, che intanto è arrivato, facendo la loro rivoluzione quella vera e profondamente intellettuale: sovvertono ogni canone traendo la loro ispirazione dai momenti veri della vita, dagli umili, dai perdenti, dalle cose apparentemente insignificanti come l’emozione di una gatta sul tetto o lo sguardo di una prostituta.
Tutti loro diventeranno famosi, ma nessuno imprime alla poesia musicata la sensibilità e l’anima di Fabrizio De André che raggiunge la popolarità quando, nel 1968 in Canzonissima, Mina interpreta “La canzone di Marinella “. Scritta sulla vicenda dell’assassinio di una prostituta, nella dolcissima e struggente favola in versi e musica questa diventa una principessa tradita nell’amore da un cavaliere sul cavallo bianco: perché nelle sue canzoni, che raccontano sempre con favolistica dolcezza la storia delle debolezze umane, tutto diventa surreale.
Intanto il padre Giuseppe, che ha già compreso ed assecondato il genio del figlio, ha costituito una propria casa discografica per consentire a Fabrizio di produrre i suoi capolavori, quelli che fino ad oggi fanno di lui uno dei più “visionari“ e significativi poeti della musica italiana. La fiction è una rappresentazione interessantissima che riproduce mirabilmente la società del tempo, il fermento culturale del gruppo e la personalità inquieta e straordinaria del poeta. Bravi tutti gli interpreti e particolarmente Luca Marinelli chiamato a rappresentare un personaggio tanto straordinario quanto complesso e travagliato quale fu il grande De André.