È di corruzione l’accusa mossa ai sei poliziotti della Polstrada finiti ai domiciliari a Taranto. Secondo quanto accertato dagli investigatori, gli indagati costringevano i camionisti a consegnare loro somme di denaro non dovute “omettendo così di elevare verbali per violazioni al Codice della Strada”.
Ad eseguire i provvedimenti cautelari sono stati gli agenti della Squadra Mobile e della sezione di Polizia giudiziaria della Stradale. Le indagini sono condotte dal procuratore aggiunto Maurizio Carbone. I sei poliziotti sono accusati di più ipotesi di “induzione indebita a dare e/o promettere utilità“, in relazione a fatti accaduti tra luglio ed ottobre 2016.
Gli stessi conducenti “corruttori” sono indagati per avere, seppure indotti, “promesso e/o dato le utilità richieste”. L’indagine è stata avviata dopo una telefonata anonima alla sala operativa della Questura di Taranto che segnalava la presenza sulla statale 100 di un equipaggio della Polstrada intento a caricare nel bagagliaio dell’auto di servizio alcune casse di pesce prelevate da un furgone fermato per un controllo.
Dopo la segnalazione sono stati predisposti servizi di controllo che hanno consentito di rilevare e videoregistrare, in almeno due occasioni, l’effettiva consegna di banconote da parte di camionisti sottoposti a controllo dall’equipaggio indiziato. Sono stati documentati diversi controlli fatti su strada nei confronti di autotrasportatori dai quali i poliziotti avrebbe ricevuto somme di denaro non quantificate.
Nel tempo gli indagati si sono accorti della presenza delle microspie nelle vetture di servizio ed hanno cercato di addossare la responsabilità della denuncia a loro carico ai vertici del loro ufficio di appartenenza e della Questura. Tuttavia, nonostante sapessero dell’esistenza di indagini a loro carico, i poliziotti hanno continuato a compiere i delitti loro addebitati.