Amena Khan è stata scelta qualche giorno fa per la campagna pubblicitaria di una nuova linea di shampoo L’Oréal Paris. Modella britannica di trent’anni co-founder di Ardere Cosmetics e nota influencer con mezzo milioni di follower su Instagram, è musulmana e indossa il velo da quando aveva vent’anni. La scelta di L’Oréal è stata giudicata rivoluzionaria nella nuova logica inclusiva dell’azienda, volta a valorizzare le minoranze.
Ma ad appena quattro giorni dall’assunzione di Amena, lo scandalo. E’ stata infatti scoperta dal sito americano The Daily Caller una serie di tweet pubblicati dalla modella durante la guerra di Gaza. Amena sul suo profilo definiva Israele uno Stato “terrorista” e si scagliava contro l’allora premier britannico David Cameron scrivendo: “Parli di porre fine al terrorismo eppure sei complice nella fornitura di armi a uno Stato terrorista”. E ancora rivolgendosi sempre a Cameron: “Hai offerto un ‘sostegno convinto’ a un genocidio”.
Ma la frase che ha destato maggiori proteste è stata:
[citation]Per secoli arabi, ebrei e cristiani hanno vissuto pacificamente gli uni accanto agli altri in Palestina. Fino alla creazione di Israele.[/citation]
Amena Khan mortificata per l’accaduto ha cancellato inutilmente i tweet risalenti a luglio 2014 e, conseguentemente, ha rinunciato a ricoprire il ruolo di testimonial per L’Oréal Paris ritenendo che le sue dichiarazioni avrebbero oscurato il messaggio positivo della campagna pubblicitaria.
L’Oréal Paris si è detta favorevole alla scelta di Amena. L’azienda non è nuova infatti a queste scoperte. Lo scorso agosto ha scelto per la prima volta la modella transgender, nonché deejay e attivista britannica, Munroe Bergdorf. In quel caso è stato il Daily Mail a scovare sulla sua pagina Facebook una frase, scritta dopo la marcia neonazista di Charlottesville negli Usa e rivolta a tutti i bianchi: “La maggior parte di voi non si accorge neppure o rifiuta di riconoscere che i vostri privilegi e successi come razza sono costruiti sulle spalle, il sangue e la morte della gente di colore“. Quella frase giudicata “anti-bianchi” costò alla Bergdorf il licenziamento.