Operazione dei carabinieri nel Napoletano. Trentasette persone sono state arrestate perché ritenute responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso e di associazione dedita allo spaccio di stupefacenti e di banconote false.
Si tratta di presunti sodalizi criminali operanti a San Giorgio a Cremano e zone limitrofe e riconducibili, secondo i carabinieri, alla famiglia ‘Troia’.
Un clan “in grado di avere rapporti con uno potente come i Mazzarella“, spiega il tenente colonnello Filippo Melchiorre.
L’ascesa dei Troia è iniziata nel 2010, quando il boss Ciro ha compreso il progressivo indebolimento degli Abate, decimati dagli arresti, e si è imposto sul loro territorio.
Una gestione continuata anche dopo la sua detenzione e quella dei figli Vincenzo e Francesco, proprio attraverso la moglie che, insieme alla nuora Concetta Aprea, consorte di Vincenzo e pure lei tra i destinatari del provvedimento restrittivo emesso dal gip di Napoli, ha tenuto sotto controllo la cassa del gruppo, le piazze di spaccio, le mensilità agli affiliati e tutte le attività illecite del clan compreso lo spaccio di banconote false da 100 euro.
Nel corso delle indagini, i militari dell’Arma hanno documentato che la gestione delle piazze di spaccio di cocaina, crack, marijuana ed hashish era stata motivo di scontro con altre organizzazioni criminali e aveva dato luogo a numerose azioni violente, tra le quali l’esplosione, ad aprile 2016, di una autobomba posizionata nei pressi dell’abitazione della presunta reggente del clan.
Immacolata Iattarella, moglie del capoclan Ciro, detto Gelsomino, era l’attuale reggente e ha dovuto anche occuparsi della fase delicata, iniziata ad aprile 2016, del contrasto armato con altri gruppi, dato che i D’Amico dalla zona orientale di Napoli impegnati in una espansione nell’hinterland, circostanza che ha portato ad atti intimidatori quali la testa di maiale posta su un’auto data alle fiamme o l’ordigno fatto esplodere in un’altra vettura sotto la sua abitazione.