“La pace arriva solo dal rispetto dei diritti umani. Il futuro del Myanmar deve essere la pace, una pace fondata sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società, sul rispetto di ogni gruppo etnico e della sua identità, sul rispetto dello stato di diritto e di un ordine democratico che consenta a ciascun individuo e ad ogni gruppo, nessuno escluso, di offrire il suo legittimo contributo al bene comune”. Sono queste le parole rivolte da Papa Francesco alla leader del Myanmar, Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace, presso il palazzo presidenziale di Naypyidaw.
L’incontro con il ministro degli Esteri e Consigliere di Stato è durato circa 23 minuti: “L’arduo processo di costruzione della pace e della riconciliazione nazionale può avanzare solo attraverso l’impegno per la giustizia e il rispetto dei diritti umani. La giustizia è volontà di riconoscere a ciascuno ciò che gli è dovuto, e queste intuizioni hanno portato a creare l’Onu e a concepire la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”.
“Le religioni possono svolgere un ruolo significativo nella guarigione delle ferite emotive, spirituali e psicologiche di quanti hanno sofferto negli anni di conflitto – ha spiegato il Santo Padre -. Esse possono aiutare a estirpare le cause del conflitto, costruire ponti di dialogo, ricercare la giustizia ed essere voce profetica per quanti soffrono”. Secondo il Papa, è “segno di speranza che i leader religiosi di questo Paese si stiano impegnando a lavorare insieme per i poveri e per i valori autentici”.
Aung San Suu Kyi, dal canto suo, si è impegnata a proteggere i diritti di tutti dopo le accuse di non aver fatto abbastanza per arrestare le violenze contro la comunità rohingya: “Il nostro governo ha l’obiettivo di fare emergere la bellezza della nostra diversità e di rafforzarla, proteggendo i diritti, incoraggiando la tolleranza e garantendo la sicurezza a tutti”.
L’incontro con il Papa, “rimarca la nostra fiducia nel potere e nella possibilità di pace“. “Le sfide che il Myanmar ha di fronte, e tra queste quelle nel Rakhine, per proteggere i diritti, perseguire la tolleranza, assicurare la sicurezza a tutti richiedono forza, pazienza e coraggio. La situazione in Rakhine, – di cui sono originari i “rohingya” – ha eroso fiducia, comprensione, armonia”.