Ventisette persone sono state arrestate dai carabinieri del Ros e della compagnia di Palermo su mandato della procura Distrettuale antimafia palermitana. Sono accusate di associazione mafiosa, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti e altri reati. La complessa indagine nei confronti della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù, ha consentito di accertare la dinamica dell’organizzazione interna del sodalizio e la pervasiva capacità di infiltrazione nel tessuto economico locale, individuando i vertici e ricostruendo l’organigramma degli associati.
L’operazione è iniziata verosimilmente due anni fa, quando lo stesso mandamento fu colpito da un altro blitz delle forze dell’ordine.
Un capo che, secondo gli investigatori, sarebbe stato scelto seguendo la tradizione: una votazione ad alzato di mano, come ai vecchi tempi, che si sarebbe effettuata dopo alcune riunioni in una sala da barba, di quelle di una volta, dove tutto si sa e niente sfugge.
L’operazione dei carabinieri ha fatto emergere come il traffico di droga serva per rimpolpare le casse dei clan e ovviamente il pizzo imposto ai commercianti del luogo.
Nella circostanza è stato sottoposto a sequestro preventivo un bar, con inclusa attività di esercizio delle scommesse, ubicato in Palermo e del valore di 200.000,00 euro.
L’indagine denominata ‘Falco’ costituisce un’ulteriore fase di una articolata manovra investigativa avviata nel 2011 dal ROS sul mandamento mafioso di Santa Maria di Gesù – Villagrazia e che, sviluppata progressivamente con le indagini TORRE DEI DIAVOLI, BRASCA e BINGO FAMILY, ha consentito di documentarne la perdurante operatività e di individuarne i vertici e gli appartenenti.
Alla presenza di almeno 12 uomini d’onore, Giuseppe Greco veniva confermato reggente mentre Giuseppe Natale Gambino e Gaetano Messina divenivano rispettivamente sottocapo e consigliere. Ottenevano invece la carica di capodecina sia Francesco Pedalino e Mario Taormina.
Antonino Profeta, pur in assenza di un incarico formale, veniva presentato come rappresentante di Giuseppe Greco mentre Salvatore Profeta sceglieva di non concorrere per alcun ruolo sia per l’età avanzata che per non sottrarre posti ai citati sodali.
Le acquisizioni in ordine alla documentazione delle fasi delle elezioni del reggente (definito ‘il principale’) rappresentano un dato assolutamente inedito nel panorama investigativo, poiché la vigenza di tale pratica era emersa soltanto nei riferimenti dei primi collaboratori di Giustizia degli anni ’80.
Le intercettazioni, eseguite in luoghi considerati assolutamente sicuri dagli indagati, hanno inoltre consentito di avere cognizione del ferreo ed ortodosso rispetto delle regole di cosa nostra.
Salvatore Profeta e Giuseppe Natale Gambino si sono profusi in vere e proprie lezioni di mafia da impartire ai più giovani affiliati, con riferimento a regole di comportamento e di interrelazione gerarchica.
La rigidità del dettame mafioso è estesa, nelle risultanze investigative, all’operoso sostentamento dei detenuti e dei familiari, in ossequio ad un dovere imprescindibile, a cui poter assolvere attraverso gli introiti provenienti dalle estorsioni.
Sono state in tal senso puntualmente documentate le dazioni di denaro in favore della coniuge di Carlo Greco, fratello di Giuseppe, storico capo mandamento attualmente detenuto all’ergastolo.
I destinatari della misura cautelare sono: