Sono ormai oltre 10 anni che la questione dell’immigrazione è al centro del dibattito politico in tutto il mondo occidentale, dagli Stati Uniti alla Francia e all’Australia. Le opinioni pubbliche in tutto l’Occidente sono diventate più chiuse e più ostili al fenomeno dell’immigrazione; i politici, anche quelli centristi, hanno fiutato gli umori dei loro elettorati ed hanno messo in atto politiche più dure e restrittive nei confronti dei rifugiati e dei migranti economici.
L’ex premier britannico David Cameron e l’attuale cancelliera tedesca Angela Merkel hanno entrambi dichiarato in diverse occasioni che il multiculturalismo nei loro paesi aveva completamente fallito, creando ghetti e società parallele. Una delle ragioni che ha spinto milioni di americani bianchi delle classi medie e popolari a votare per Donald Trump nel novembre 2016, è stato il senso di straniamento provocato dall’ascesa di nuovi gruppi etnici di recente immigrazione, come gli asiatici e gli ispanici. Pesa ancora molto, sia in Europa che negli Usa, il trauma degli attentati islamisti dell’11 settembre 2001, che hanno portato molti americani ed europei a guardare con sospetto gli immigrati provenienti da paesi islamici.
Non bisogna poi sottovalutare l’oggettiva difficoltà in cui si sono trovati governi e popolazioni europee di fronte all’eccezionale afflusso di richiedenti asilo provenienti da Siria, Iraq, Afghanistan e Africa Subsahariana nel periodo 2014-2017. C’è però un paese, appartenete culturalmente al mondo occidentale e strettissimo alleato degli Usa, che per ora sfugge a questo scenario desolante, e la cui opinione pubblica pare ancora abbastanza bendisposta nei confronti di immigrati e rifugiati politici. Si tratta del Canada guidato dal premier liberale Justin Trudeau.
Come gli Stati Uniti, è un paese in cui tutti (a parte qualche centinaio di migliaia di nativi americani) sono discendenti di immigrati arrivati a partire dal diciassettesimo secolo. La storia dell’immigrazione in Canada può essere riassunta in tre successive ondate.
La prima ondata comincia nel diciassettesimo secolo e termina intorno al 1890: gli immigrati sono in gran parte francesi che si stabiliscono nel Quebec, e inglesi, scozzesi ed irlandesi che si dirigono verso le restanti regioni del Canada. La seconda ondata, che comprende il periodo tra fine ottocento e gli anni sessanta del novecento, vede protagonisti immigrati provenienti dall’Europa orientale e meridionale: ucraini, ebrei, greci, italiani, portoghesi. La terza ondata, cominciata negli anni sessanta e tuttora in corso, vede arrivare in Canada persone provenienti dall’America Latina, dall’Asia e dall’Africa: messicani, giamaicani, haitiani, cinesi, indiani, pakistani, iraniani, nigeriani, etiopi e tanti altri.
Le statistiche ufficiali del governo canadese indicano che dal 2001 al 2016 in media sono arrivati ogni anno in Canada circa 250.000 immigrati, cifra che comprende sia i ricongiungimenti familiari che i richiedenti asilo e i migranti economici. Oggi le questioni di immigrazione e cittadinanza sono regolate in Canada dall’Immigration Act del 1976 e dall’Immigration and Refugee Protection Act del 2002.
Da quando nel 2011 è scoppiata la guerra civile siriana decine di migliaia di rifugiati provenienti dal paese mediorientale sono stati ammessi in Canada. Secondo tutti i sondaggi, la grande maggioranza dell’opinione pubblica canadese rimane favorevole all’attuale politica di apertura sul tema immigrazione e rifugiati, una felice eccezione in un mondo occidentale sempre più chiuso ed ostile ai migranti (vedasi Brexit e il Muslim Ban negli Stati Uniti). I canadesi, sia che siano impegnati in politica sia che siano semplici cittadini, vedono nell’immigrazione verso il proprio paese un vantaggio per l’economia nazionale, un arricchimento culturale, e un fattore di dinamismo per la propria società.
Certo anche in Canada ci sono tensioni fra diversi gruppi etnici, sacche di emarginazione come quelle in cui sono confinati molti nativi americani, e talvolta episodi drammatici come quello avvenuto alcuni mesi fa a Quebec City, dove un giovane estremista di destra ha fatto irruzione in una moschea uccidendo diversi fedeli. Nel complesso però, il paese nordamericano resta un’isola felice per quanto riguarda le questioni di immigrazione ed integrazione ed anche un esempio per noi europei.