Da dove nasce l’esigenza di indossare il gilet? Un tempo era un sommo capo d’abbigliamento classico. Perché un capo così ben fatto ed espressivo, sta diventando sempre più una rarità per gli occhi? Se da un lato il gilet per molti anni è rimasto nel dimenticatoio dei look più glamour, perché forse considerato sorpassato e obsoleto, dall’altro la nuova tendenza nel rivalutarlo e riportarlo alla ribalta delle passerelle.
Per comprenderne il valore bisogna risalire alle sue origini. Siamo alla corte di Re Sole, Luigi XIV, dove si impose uno stile di vita e di abbigliamento sfarzoso e alla moda per distinguersi dalla borghesia. Ai suoi albori il gilet era molto lungo e presentava spesso delle maniche per proteggere dal freddo, si abbottonava dal basso ed era realizzato in sfarzose sete colorate e broccati. Sotto Luigi XV iniziò a perdere le maniche e con Luigi VVI ad accorciarsi.
Nell’800 fu espressione della borghesia, si passò dalle frivolezze dello stile barocco ad un immagine più austera, semplice, rigorosa dal taglio lineare con tessuti più robusti. Il gilet si accorcia fin sotto la vita, le falde si riducono fino a sparire e il colletto diventa una fascia rigida. Lord Brummel diceva: “per essere eleganti non bisogna farsi notare”, gentiluomo inglese, detto “Beau Brummel”, considerato il primo vero dandy e Gentleman : “la vera eleganza sta nel togliere, non nell’aggiungere”.
Nel frac, l’abito reinventato da Brummel, il gilet aveva una scollatura a V o ad U, mono o doppiopetto, generalmente bianco. Nel ‘900 era ancora parte dell’abito formale ma l’avvento del cinema, della televisione e della fotografia contribuì ad un veloce mutamento del gusto con una conseguente amplificazione delle occasioni d’uso. Negli anni ‘20 è il cavallo di battaglia del vestito “antineutrale” dei Futuristi, per i quali bisognava introdurre il colore nell’abito maschile.
Tra i più famosi, i gilet futuristici di Giacomo Balla e Depero, zampillanti di colori primari e carnevaleschi, con figure geometriche e arabeschi, con inserti di stoffe variopinte e nei materiali più eccentrici come ad esempio il vetro. Negli anni ‘50 i Teddy Boys, uno dei primi movimenti giovanili di ribellione, indossano irriverenti gilet in broccato non coordinati, come è nel loro stile di abbigliamento che si ispira ad Edoardo VII. Finalmente negli anni ‘60 il gilet entra nel guardaroba femminile in continua sperimentazione. Nel cinema ne fa largo uso Liza Minnelli, in Cabaret, indossandolo con pant corto, collant e reggicalze.
Il Principe Carlo è un esempio incomparabile di odierna eleganza con i suoi gilet impeccabilmente eseguiti e curati. Nel nostro paese l’uso del gilet non si è mai spinto oltre un certo limite d’uso, seppur tanto amato. E le tendenze più cool della proposta Autunno – Inverno 2017 /18 per l’uomo prevedono il ritorno del gilet. Il look casual è sempre più ricercato, perché l’uomo desidera essere curato anche nel tempo libero.
Ecco che possiamo sperimentare e azzardare con dolcevita e gilet. Gilet inserito in un look sicuramente meno formale e ingessato, abbinato a giacche meno strutturate e più morbide, quasi leggere come camicie. Panciotti, gilet di velluto a coste più easy, di velluto rasato per mantenere un certo rigore ma non troppo. Per i più modaioli e fashion victim, con applicazioni stemmi e lustrini. “Il gilet è il più bel gesto e ornamento che un gentiluomo possa indossare per spezzare l’inconsistenza dell’omologazione quotidiana”.