Continuano ad emergere particolari sull’inchiesta giornalistica ‘Paradise Papers’. Ci sarebbero anche i soldi non tassati di colossi come Apple, Nike, Uber nei paradisi fiscali e perfino di qualche esponente della Casa Bianca.
È emerso che il numero uno di Apple, Tim Cook, avrebbe usato l’isoletta di Jersey, nella Manica, come rifugio per miliardi di dollari, mentre Nike avrebbe scelto le Bermuda.
La ‘fuga’ dei capitali smentirebbe la dichiarazione dello stesso Cook quando, nel 2013, il suo gruppo finì sotto i riflettori del governo americano che aveva svelato uno schema adottato dal colosso Usa per mantenere i suoi guadagni in Irlanda.
I miliardi di dollari, secondo l’inchiesta, sarebbero stati semplicemente trasferiti da Apple in un nuovo paradiso fiscale, Jersey.
Secondo il New York Times, il denaro mantenuto dalle aziende nei paradisi fiscali ogni anno fa perdere agli Stati in tutto il mondo 240 miliardi di dollari, come sostiene una stima del 2015 dell’Organization for Economic Cooperation and Development. Per adesso la società della Silicon Valley si limita a una secca smentita. “Non abbiamo ridotto i pagamenti fiscali in alcun Paese”, il testo del comunicato diffuso dall’azienda di Tim Cook.
Nell’inchiesta ci sono anche i nomi di Nike, che ha società offshore alle Bermuda, oltre a quelli di vip come Bono Vox degli U2, Madonna, del campione di Formula Uno Lewis Hamilton.
Ci sono anche 16,5 milioni di sterline riconducibili al pilota, sottratti al fisco e trasferiti con “un marchingegno” su conti offshore dell’Isola di Man. Il britannico viene additato dal Guardian, che gli attribuisce inoltre una fortuna pari a 130 milioni sparsa in paradisi fiscali come Malta o Guernsey.
Hamilton si sarebbe in particolare fatto rimborsare 3,3 milioni di sterline d’Iva (Vat in inglese) sull’acquisto di un jet privato, trasferito fiscalmente sull’Isola di Man nel 2013 facendo apparire il tutto come un’operazione di leasing consentita – nel Regno Unito o nell’Ue – solo per velivoli usati a scopo di business commerciale e non a titolo personale.
“Essendo uno sportivo globale che paga tasse in un vasto numero di Paesi – ha dichiarato il suo portavoce -, Lewis si affida a un team di consulenti professionisti nella gestione dei suoi affari. Questi consulenti hanno rassicurato Lewis che ogni cosa é stata fatta alla luce del sole e la questione é ora nelle mani dei suoi avvocati”.