Il cavallo di Troia di cui parla l’Odissea di Omero, in realtà era una nave. Secondo lo studioso Francesco Tiboni, archeologo navale e dottore di ricerca all’Università di Aix-en-Provence e Marsiglia, l’Hippos di cui parla il testo greco era una nave fenicia chiamata così per la polena a forma di testa di cavallo.
Leggenda del cavallo di Troia
La leggenda, narrata prima da Omero e ripresa poi da Virgilio nell’Eneide, è comune a tutti. Odisseo, conosciuto per la sua astuzia, per introdursi nella città di Troia nasconde i soldati greci nella pancia di un cavallo di legno. I troiani, credendo che la prodigiosa scultura fosse un omaggio degli dei, lo introducono in città. Approfittando dell’oscurità della notte i greci colgono di sorpresa i nemici e conquistano la città.
La teoria di Fracesco Tiboni
Secondo la teoria di Tiboni, pubblicata su Archeologia Viva l’errore risale al VII sec. a.C. . A quel tempo, delle navi fenicie di cui parla lo studioso, si era persa ogni traccia e incorrendo nel testo greco il termine “hippos” questo veniva tradotto con “equus”, cavallo per l’appunto. Queste traduzioni sono state utilizzate poi da Virgilio che ha diffuso inconsapevolmente l’equivoco del cavallo di Troia.
Seguendo quindi la spiegazione di Tiboni la storia diventerebbe più verosimile. Era infatti più credibile che approdasse sulla spiaggia una nave, destinata per altro al pagamento di tributi (ecco perché considerato voto divino) e che in realtà al suo interno potesse contenere un esercito che, una volta giunto il momento, avrebbe potuto calarsi attraverso i portelli laterali considerati assolutamente poco sospetti.