Franco Carraro a cuore aperto. A settantasette anni, l’ex presidente del Milan e della FIGC ha concesso una lunga intervista al Corriere dello Sport. Tanti gli argomenti trattati, a partire dalla sua esperienza alla guida dei rossoneri: “Non volevo Nereo Rocco, ma fui felice di sbagliarmi, nel 1969 vincemmo l’Intercontinentale in una Bombonera che era una bolgia dantesca. Avevano arrestato Combin per renitenza alla leva che aveva fatto in Francia, fu processato per direttissima prima di riprendere l’aereo. Rivera? Per certi versi un fratello, io ero il suo presidente e avevo solo tre anni in più di lui. Peccato che sia stato mal consigliato fuori dal campo, in Nazionale i compagni preferivano Mazzola perché correva di più”.
Inevitabilmente, il discorso cade su Calciopoli, che pose la parola fine alla sua carriera dirigenziale: “Un processo basato sul nulla, poteva trattarsi di potere o chiacchiere, mai di soldi. Moggi era felice della sua fama di uomo capace di influenzare gli arbitri, ma non c’è stato un singolo campionato illecito. Il mio unico errore fu quello di non sostituire Bergamo e Pairetto con Collina nel 2004, Pierluigi mi chiese un anno di attesa”.
Per Carraro, il simbolo della Nazionale italiana è uno solo: “Gigi Riva, capace di rifiutare gli Agnelli per restare a Cagliari e di rompersi due gambe per la causa azzurra. Sono cose che la mia generazione non dimentica”.