Le parole di Steph Curry durante il media day dei Golden State Warriors erano destinate a far discutere, e così è stato, con reazioni anche al di là del previsto. Il playmaker, fresco campione NBA con la franchigia californiana, aveva infatti dichiarato la propria volontà di non fare visita al presidente Trump – come tradizione per chi vince l’anello – e che la questione sarebbe stata decisa da una votazione tra i giocatori all’interno dello spogliatoio. Immediata la risposta del presidente USA, attraverso il suo account Twitter:
Going to the White House is considered a great honor for a championship team.Stephen Curry is hesitating,therefore invitation is withdrawn!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 23 settembre 2017
Inevitabilmente, si è scatenata una serie di reazioni sui social, e molte star del mondo dello sport (e non solo) hanno manifestato il proprio supporto per la decisione di Curry. Su tutti, LeBron James, avversario di Steph nelle ultime tre edizioni delle Finals e notoriamente critico nei confronti della presidenza Trump, che ha affermato come far visita alla Casa Bianca fosse un onore solo prima dell’arrivo del magnate nello Studio Ovale.
U bum @StephenCurry30 already said he ain’t going! So therefore ain’t no invite. Going to White House was a great honor until you showed up!
— LeBron James (@KingJames) 23 settembre 2017
A seguire, poi, Trump ha sparato a zero anche contro i giocatori “ribelli” in NFL, chiedendo alle franchigie della lega professionistica di football americano di licenziare i giocatori che si rifiutano di cantare l’inno americano. Sconcertata la risposta del commissioner Goodell: “Il presidente mostra una totale mancanza di rispetto verso i nostri campioni e verso le idee degli altri”.