Tratta di esseri umani, immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione. Queste le accuse con le quali la polizia di Nuoro ha eseguito sette arresti in esecuzione di un decreto di fermo emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Cagliari. Le indagini hanno accertato che il centro dell’attività illecita era a Torino, dove vivono due sorelle soprannominate “Precious” e “Juliet”, le quali tenevano le file della tratta di essere umani.
Le sorelle facevano da tramite tra i trafficanti in Libia e Nigeria e gli altri loro connazionali in Italia ed in vari Paesi dell’Europa tra cui Austria, Francia, Belgio, Bulgaria, Germania, Inghilterra. Le donne venivano reclutate in Nigeria con l’inganno di una falsa promessa di lavoro e venivano trasportate lungo le coste libiche e rinchiuse in “campi profughi” improvvisati intorno alla città di Sebha (Libia), gestiti dai trafficanti locali.
Qui permanevano in condizione estremamente precaria “da recluse” anche per alcuni mesi, subendo violenze di vari tipo, in attesa di essere imbarcate su barconi di fortuna dirette in Italia. Spesso erano rapite e vendute ad altri gruppi e liberate solo dopo il pagamento di riscatto.
Per alcune ragazze si sono perse le tracce mentre per altre vi è il fondato sospetto che possano essere morte durante l’attraversata. Giunte in Italia, le ragazze venivano fatte scappare dai centri di accoglienza che le avevano prese in carico all’arrivo per essere trasportate a Torino in appartamenti sotto il controllo dell’organizzazione criminale.
Prima di partire venivano sottoposte al rito voodoo dai trafficanti per essere vincolate al pagamento del debito con la minaccia di morte loro e dei familiari nel caso non avessero adempito al pagamento. Per liberarsi dalla condizione di schiavitù in cui versavano erano costrette a prostituirsi sino al completo pagamento del debito contratto per arrivare Italia e per la concessione “del marciapiede”, che poteva raggiungere la somma di circa 30.000 euro a persona.
Il provento illecito veniva trasferito in Nigeria con il sistema denominato “mano a mano”, ovvero consegnandolo ad alcuni corrieri, che lo occultavano in doppi fondi negli abiti, nelle scarpe o in pacchi, recapitandolo alla persona incaricata di riceverlo, che provvedeva a sua volta a versarlo sui conti correnti nigeriani.
Un ruolo centrale era svolto dai gestori di un money transfert di Torino che fungevano da centro di raccolta e di smistamento del denaro illecito come fossero un istituto di credito. Una volta trasferito in Nigeria, il denaro era utilizzato in parte per finanziare la prosecuzione dell’attività illecita, pagando i trafficanti di essere umani, in parte per effettuare investimenti speculativi in attività economiche o nel settore immobiliare.