Pensioni triplicate rispetto all’ultimo stipendio grazie alla contribuzione aggiuntiva. Il Corriere della Sera ha acceso i riflettori su questo “trucchetto” usato dai sindacalisti per maggiorare la pensione.
È stato infatti appurato come la contribuzione aggiuntiva dovuta al ruolo sindacale venisse considerata nella quota A (che riguarda le occupazioni fisse e continuative) invece che nella quota B (che raccoglie i contributi di chi esercita un ruolo temporaneo e provvisorio).
Una sentenza della Corte dei Conti avrebbe condannato questa pratica scorretta, ma nonostante ciò il Ministero del Lavoro ha fatto sapere che lo stop a queste operazioni vale solo per il futuro.
La magistratura contabile ha dato torto a un maestro elementare che era stato sindacalista e segretario della Gilda (il sindacato scolastico) che aveva fatto ricorso perché la sua contribuzione aggiuntiva dovuta alle sue mansioni sindacali era stata solo parzialmente “valorizzata”.
Secondo però, i giudici quei contributi non possono essere calcolati nella quota A che riunisce i contributi versati per l’occupazione fissa e continuativa.
A manforte dell’orientamento della Corte dei Conti, l’Inps ha effettuato una serie di controlli su 119 pensioni decorrenti dal 1997 al 2016, scoprendo che con l’escamotage di conteggiare i contributi aggiuntivi nella quota A invece che nella quota B, c’è chi ha avuto un incremento compreso tra un minimo del 18,9% a un massimo del 62,5%.