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Simularono un infarto, ma si trattò di omicidio | Quattro persone incastrate grazie a un pentito

Quella che sembrava una morte fulminante dovuta ad un infarto, in realtà, fu l’esito di un efferato omicidio. Lo hanno scoperto gli investigatori catanesi grazie alla collaborazione Luciano Cavallaro che fatto luce sulla scomparsa dell’imprenditore catanese Santo Giuffrida avvenuta nel gennaio del 2001.

Oggi i carabinieri etnei hanno dato esecuzione un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Catania nei confronti di Barbara Bregamo (ai domiciliari), Francesco Giuseppe Indorato, Antonio Zuccarello e Alfio Maugeri. La Bregamo è stata condiderata mandante del delitto, mentre Indorato sarebbe stato l’esecutore materiale. 

Il pentito Cavallaro ha riferito di aver avuto l’incarico dalla Bregamo di uccidere il proprio compagno Giuffrida e di aver per questo effettuato un primo tentativo nel 2001 incaricando dell’esecuzione materiale un suo conoscente, Indorato, che aggrediva con un coltello la vittima all’interno del suo garage condominiale.

In questa occasione, però, l’imprenditore riusciva a scampare all’attentato restando gravemente ferito. Nessun elemento raccolto all’epoca consentiva poi di ritenere la Bregamo coinvolta nell’accaduto e – seppure l’Indorato veniva indagato – non venivano acquisiti sufficienti elementi per un rinvio a giudizio.

A distanza di quasi un anno da tali fatti, tuttavia, la Bregamo richiedeva nuovamente a Cavallaro l’uccisione del compagno pagando questa volta 20.000 euro ed acquistando, per lo stesso Cavallaro, una BMW. In questa seconda occasione l’omicidio veniva pianificato con maggior cura e, nello specifico, Cavallaro coinvolgeva Maugeri e Zuccarello.

I tre soggetti si introducevano nella notte tra il 9 ed il 10 dicembre 2002 nell’abitazione di Giuffrida (con la collaborazione della convivente Bregamo) e, dopo avergli iniettato una sostanza velenosa, lo soffocavano. La Bregamo inscenava successivamente la morte naturale dello stesso Giuffrida senza che si ingenerassero sospetti su quanto realmente accaduto.

Al fine di indurre gli indagati a commentare il reato è stato lasciato sulla loro autovettura un foglio di carta riportante la seguente frase: “Sacciu comu tu e i to cumpari affucasturu u masculu di l’amica di Luciano 15 anni fa”. Uno degli indagati dopo aver ricevuto il biglietto confessò ad un amico il delitto riferendo testualmente “Sedici anni fa abbiamo fatto un omicidio, io ed altri due”. 

Fabrizio Messina

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Fabrizio Messina
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