Ci sono voluti 17 anni per chiudere il cerchio intorno al caso di lupara bianca che vide coinvolto, il 26 ottobre del 2000, Giampiero Tocco.
L’uomo, a bordo del suo fuoristrada, fu sequestrato da un commando di uomini travestiti da poliziotti che avevano inscenato un posto di controllo a Terrasini.
A bordo con Tocco c’era la figlia di sei anni che chiamò la madre e fornì poi indicazioni sull’accaduto attraverso un disegno.
Il tutto venne registrato dalle microspie che i carabinieri avevano installato nel fuoristrada poiché sospettavano il coinvolgimento del Tocco nell’omicidio di Giuseppe di Maggio, figlio di Procopio, già reggente della famiglia mafiosa di Cinisi e storico alleato di Totò Riina.
I carabinieri di Palermo hanno arrestato quattro persone accusandole del delitto di Tocco. Si tratta di 4 esponenti di cosa nostra: Ferdinando Gallina, Giovan Battista Pipitone, Vincenzo Pipitone e Salvatore Gregoli.
Alla svolta nelle indagini hanno contribuito le recenti dichiarazioni del neo collaboratore di giustizia Antonino Pipitone e quelle dei pentiti Gaspare Pulizzi e Francesco Briguglio.
Sono stati, inoltre, determinati i ruoli ricoperti dagli arrestati:
– Antonino Pipitone e Salvatore Gregoli inscenarono (con l’ausilio di Ferdinando Gallina, Gaspare Pulizzi, Damiano Mazzola, Salvatore e Sandro Lo Piccolo che fungevano da ‘staffetta’), il finto posto di controllo della Polizia, indossando delle apposite pettorine ed utilizzando un’autovettura con lampeggiante per fermare il fuoristrada, sequestrare Giampiero Tocco e condurlo materialmente in un’abitazione a Torretta;
– Giovan Battista Pipitone e Vincenzo Pipitone, insieme ai Lo Piccolo, procedettero all’interrogatorio ed all’uccisione della vittima mediante strangolamento;
– Gallina e Pulizzi effettuarono i preliminari sopralluoghi lungo l’itinerario percorso nei giorni precedenti dalla vittima, partecipando poi alla staffetta di supporto ai finti poliziotti;
– Sempre Gallina e Pulizzi caricarono il cadavere all’interno di un’auto e lo trasportarono in Contrada Dominici di Torretta, dove venne sciolto nell’acido alla presenza di Angelo Conigliaro (deceduto), Vincenzo, Giovan Battista e Antonino Pipitone.
Le dichiarazioni di Antonino Pipitone hanno confermato anche il movente del delitto che, effettivamente, è da ricollegare alla scomparsa del figlio di Procopio Di Maggio ed alla reazione di stampo mafioso decisa dai Lo Piccolo a quell’episodio, considerato una sorta di attacco al loro dominio criminale.