Consip, Matteo e Tiziano Renzi intercettati | L’ex premier: “Intercettazioni vergognose”

di Redazione

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Consip, Matteo e Tiziano Renzi intercettati | L’ex premier: “Intercettazioni vergognose”

| martedì 16 Maggio 2017 - 10:13

L’inchiesta Consip si arricchisce di un nuovo capitolo. Ad aggiungerlo è “Il Fatto Quotidiano” che rivela stralci della telefonata tra Matteo Renzi e il padre Tiziano, avvenuta il 2 marzo del 2017.

L’ex premier chiede al papà se è vero che quest’ultimo ha cenato con Romeo. Tiziano Renzi è indagato nell’inchiesta sugli appalti Consip, la centrale acquisti della Pubblica amministrazione.

La risposta che dà il genitore è vaga. Sempre durante la telefonata il segretario Pd lo attacca: “Non ti credo” e poi suggerire: “Devi dire nomi e cognomi”, “Babbo, devi dire tutta la verità ai magistrati”.

A effettuare la telefonata sarebbe stato proprio Matteo Renzi, subito dopo aver letto un articolo pubblicato da ‘Repubblica’ dove si parlava di una cena alla quale avrebbero partecipato Tiziano, Alfredo Romeo e Carlo Russo, l’imprenditore accusato dall’amministratore delegato di Consip Luigi Marroni di aver esercitato pressioni, per conto di Renzi senior e Denis Verdini, in merito a un appalto da 2,7 miliardi di euro.

Ma il papà continua a negare dicendo: “Matteo ascolta: io non ho mai incontrato Romeo. Fidati”. La procura di Roma ha quindi aperto un fascicolo per violazione del segreto istruttorio e per pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale. Parallelamente il ministro della giustizia Andrea Orlando ha avviato accertamenti presso gli uffici interessati.

“Sono 20 anni che c’è il malcostume di pubblicare le intercettazioni anche irrilevanti, è vergognoso ma io lascio al codice deontologico dei giornalisti, sono sostenitore del lavoro dei giornalisti ma io non chiedo alcunché”, ha detto Matteo Renzi durante la diretta fb. “Qualcuno viola la legge e non siamo noi”.

E stamattina, si Facebook, Matteo Renzi commentava la notizia apparsa oggi: “Questa mattina ‘Il Fatto Quotidiano’ pubblica con grande enfasi delle intercettazioni tra me e mio padre. Risalgono a qualche settimana fa e sono già in un libro, a firma di un giornalista che si chiama Marco Lillo. Nel merito queste intercettazioni ribadiscono la mia serietà visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: “Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità”. Mio padre non ha mai visto un tribunale fintantoché suo figlio è diventato premier. Fino a quel momento ha vissuto tranquillamente la sua vita, esuberante e bella: ha 66 anni e proprio sabato scorso ha festeggiato i 45 anni di matrimonio. Quattro figli, nove nipoti, gli scout, il coro della chiesa, il suo lavoro e naturalmente la passione civica per Rignano: è un uomo felice. Ha conosciuto la giustizia solo dopo che io sono arrivato a Palazzo Chigi. Non è abituato a questa pressione che deriva dal suo cognome più che dai suoi comportamenti. Gli ricordo che se sa qualcosa è bene che la dica, all’avvocato e al magistrato”.

“La verità- aggiunge sempre su Facebook – prima o poi emerge: è giusto dirla subito. Politicamente parlando le intercettazioni pubblicate mi fanno un regalo. La pubblicazione è come sempre illegittima ed è l’ennesima dimostrazione di rapporti particolari tra alcune procure e alcune redazioni. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita per le intercettazioni, qualcuno ci ha rimesso il lavoro. Ma umanamente – aggiunge il segretario Pd – mi feriscono perché in quella telefonata sono molto duro con mio padre. E rileggendole mi dispiace, da figlio, da uomo. Da uomo delle istituzioni, però, non potevo fare diversamente”.

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