Emmanuel Macron è presidente della Repubblica francese a soli 39 anni. Malgrado l’ampiezza del mandato popolare in suo favore, le sfide che gli si profilano davanti sono immense. Macron, durante la campagna elettorale, ha promesso ai propri sostenitori di portare una rivoluzione giovanile nella politica francese e allo stesso tempo che sarebbe stato un leader forte, capace di incarnare la Nazione.
Il primo gesto pubblico del neopresidente francese è stato quello di attraversare la spianata del Louvre con in sottofondo l’inno alla gioia di Beethoven, che è l’inno dell’Unione Europea. In questo, probabilmente, ha voluto marcare una rottura con il predecessore Hollande che si presentava con uno stile più dimesso, da “presidente normale”. Macron, un centrista novizio della politica, che non si era mai candidato e fino a tre anni fa era sconosciuto, crede di poter riempire il ruolo di guida repubblicana della nazione. Per lui però non ci sarà alcun tempo di luna di miele. E’ arrivato al potere in un paese esausto da decenni di disoccupazione di massa, con un’economia stagnante, ancora in stato di emergenza a causa del terrorismo jihadista e con truppe dispiegate nel Sahel.
Queste elezioni hanno messo in luce una significativa divisione fra ricchi e poveri, fra città ricche e cosmopolite e campagne e zone periferiche deindustrializzate. Nei due turni elettorali milioni di francesi hanno scelto l’estrema destra e l’estrema sinistra; molti di loro guardano con sospetto al progetto economico pro-business e pro-globalizzazione di Macron. Quest’ultimo deve dimostrare di saper parlare anche a questa fetta della società francese, anche perché molti di quelli che hanno votato per lui al secondo turno lo hanno fatto per tenere lontano dal potere il Front National.
Una delle prime mosse di Macron sarà quella di rendere più favorevoli agli imprenditori le leggi sul lavoro. E’ un ambito delicatissimo, che rischia di scatenare movimenti sociali di protesta e di mettergli contro i sindacati. In politica estera, andrà subito a far visita alla cancelliera tedesca Angela Merkel a Berlino, per segnalare le proprie impeccabili credenziali pro-europee. Poi probabilmente si recherà a visitare le truppe francesi in Mali per confermare l’impegno militare francese nelle aree più calde del pianeta. Ha anche promesso di rendere la politica francese più efficiente e meno corrotta, con l’introduzione di nuove regole etiche e anti-nepotismo e di snellire la notoriamente pesante burocrazia francese.
Riuscirà a realizzare le sue promesse? Dipenderà soprattutto da due fattori: il risultato del suo partito En Marche alle elezioni parlamentari di giugno e la persona che sceglierà come primo ministro del proprio governo. Senza una maggioranza parlamentare, Macron avrà le mani legate e avrà bisogno di un primo ministro forte, dotato di esperienza e capace di nuotare nelle acque infestate di squali della politica francese. Il neopresidente transalpino è insomma atteso da numerosissime sfide: forse la più grande di tutte sarà quella di non apparire eccessivamente distaccato dal paese che dovrà guidare per 5 anni. Come ha detto lo stesso Macron a un giornalista, durante la campagna elettorale: ”Ovviamente il potere isola. Ma farò tutto il possibile perché non mi accada”.