“Sono molto amareggiata per l’archiviazione disposta dal Gip a carico dei cinque ragazzi cui mia figlia aveva inviato i video da lei girati. Se mia figlia è morta la colpa è dei magistrati che non hanno fatto il loro dovere, in particolare del pm Alessandro Milita che per primo ha indagato”. Queste le parole di Teresa Giglio, madre di Tiziana Cantone, la 31enne suicidatasi a settembre dopo la diffusione dei suoi video hard, dopo l’ultima pronuncia del gip di Napoli.
Il giudice per le indagini preliminari, Tommaso Perrella, ha quindi chiesto alla Procura di verificare eventuali responsabilità del legale rappresentante di Facebook Italia: “Non cerchiamo un capro espiatorio – dice il legale di Teresa Giglio, madre della Cantone – ma la diffamazione ai danni di Tiziana c’è stata ed è una delle cause del suo gesto”.
Nel novembre scorso la Procura di Napoli, rappresentata in quel frangente dal sostituto Alessandro Milita (ora Procuratore Aggiunto a Santa Maria Capua Vetere) affiancato dall’Aggiunto Fausto Zuccarelli, aveva presentato istanza di archiviazione al Gip per i cinque ragazzi cui Tiziana aveva inviato i suoi video hot.
Tra gli indagati c’era anche il padre di uno di loro cui intestata l’utenza telefonica alla quale erano arrivate le immagini: “Davanti al giudice – spiega l’avvocato Marazzita – ho sostenuto la necessità di accertare eventuali responsabilità di Facebook, anche perché il calvario di Tiziana è iniziato proprio quando ha visto il suo nome sul social associato ai suoi video pubblicati su siti porno soprattutto americani”.
“Se quei video fossero stati immessi solo su questi siti, senza alcun collegamento con una piattaforma così diffusa come Facebook, probabilmente lei non ne avrebbe saputo nulla. E in ogni caso Facebook fu diffidato ma non fece nulla“, ha concluso l’avvocato Marazzitta.