Il procuratore Figc Giuseppe Pecoraro intervenuto in audizione all’Antimafia per il caso delle intercettazioni che hanno coinvolto il presidente della Juventus Agnelli, accusato di aver avuto rapporti con boss mafiosi.
Le parole di Pecoraro: “Al di la delle intercettazioni, io mi occupo della gestione dei biglietti e abbonamenti. Se c’è in questa gestione una permeabilità della dirigenza juventina questa non riguarda me ma la Commissione Antimafia e la procura. Una cosa è certa: i biglietti sono stati distribuiti anche a persone legate alla criminalità. Tra chi dominava nel bagarinaggio degli abbonamenti e dei biglietti, e si parla di una cifra alta, c’era anche Dominello“. Rosy Bindi presidente della commissione Antimafia ha affermato: “Ê evidente che le mafie possono arrivare anche alla Juventus”.
Il procuratore espone anche le motivazioni alla base del deferimento in sede sportiva: “L’articolo 12 del Codice di giustizia sportiva dice che non è possibile il bagarinaggio, è un articolo preciso. La responsabilità è in primo luogo del presidente della società che era consapevole o comunque non ha vigilato sulla gestione dei biglietti. C’è una responsabilità diretta e una indiretta per essere rappresentante legale della società. A noi interessa la condotta antisportiva e di slealtà, questo concetto è nel Codice sportivo: un dirigente non può avere un certo tipo di comportamento”.
Lo stesso Giuseppe Pecoraro però ha poi rettificato in merito alla frase “Hanno arrestato due fratelli di Rocco (Dominello, ndr). Lui è incensurato, abbiamo sempre parlato solo con lui”. Una frase inizialmente attribuita ad Agnelli, il quale invece non avrebbe né pronunciato né tantomeno ascoltato da altra persona tale passaggio.
Pecoraro ha affermato: “L’intercettazione di cui si è parlato l’altra volta (fra D’Angelo e Calvo dell’agosto 2016, ndr), su cui sono state dette tante cose, è un’interpretazione che è stata data. Noi abbiamo dato una certa interpretazione, perché da quella frase sembrava ci fosse una certa confidenza fra Agnelli e Dominello, ma probabilmente era del pm quella frase. Anzi, da una lettura migliore la attribuisco al pubblico ministero (tesi poi condivisa anche dalla presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi, ndr.)”.