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India, “rivoluzione” nella politica estera

Da due anni e mezzo Narendra Modi è primo ministro dell’India. In questo breve lasso di tempo, il suo governo ha portato avanti significative riforme economiche, come l’introduzione di una tassa sui beni e servizi e l’apertura di molti settori dell’economia indiana agli investimenti esteri. Accanto all’economia, Modi ha voluto rivoluzionare anche la politica estera del paese, allontanandola dai tradizionali immobilismo e non – allineamento, prevalenti fin dall’indipendenza, per far giocare all’India un ruolo più assertivo a livello regionale e globale.

Il premier ha compiuto finora oltre quaranta viaggi all’estero e ancor di più ne ha fatti il suo ministro degli esteri Sushma Swaraj. Ecco le parole di Modi alla seconda edizione della Raisina Dialogue Conference: “La crescita economica e politica dell’India rappresenta un’opportunità altamente significativa sia a livello regionale che globale. Il mondo ha bisogno di un’India in crescita”. Delhi vuole innanzitutto migliorare i rapporti con il proprio vicinato, ovvero il resto del subcontinente indiano, ad esclusione del Pakistan: cioè con Nepal, Sri Lanka e Bangladesh. Di qui politiche come gli aiuti al Nepal terremotato, la cooperazione militare con le isole Mauritius, le aperture politiche ad un Bangladesh che secondo Delhi rischia di finire nelle grinfie dei servizi segreti di Islamabad e dell’estremismo islamista.

Delhi considera come”vicinato”anche paesi non direttamente confinanti, quali Iran, Afghanistan, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, paesi dell’Asean e Giappone. A Kabul sono molto attivi i servizi segreti indiani, che cercano di contrastare l’influenza pakistana nel paese e di collaborare con il governo afghano per sconfiggere i guerriglieri talebani. In Iran l’India è molto attiva in campo economico, soprattutto in ambito infrastrutturale come la costruzione di nuovi porti sul mare Arabico. Modi nel 2016 si è recato in visita ufficiale in Arabia Saudita, paese che ospita un’enorme diaspora indiana e che è fra i principali fornitori energetici di Delhi; sempre nel 2016 una delegazione politica e militare Emiratina ha partecipato ai festeggiamenti per il Giorno della Repubblica indiana.

Dubai resta una città – riferimento per le élite indiane, con numerosi miliardari indiani che vi hanno posto la propria residenza. “Guardare a Est” è uno degli slogan-chiave della nuova politica estera indiana, e dunque si stanno rafforzando i legami fra l’India e i paesi del sud-est asiatico, in particolare la vicina Birmania, che ha un’economia in rapida crescita e viene considerata da Delhi un ottimo mercato per le proprie imprese. Inoltre gli indiani sostengono le rivendicazioni marittime dei paesi dell’Asean nel mar cinese meridionale. Ottimo è anche il rapporto fra il premier indiano Modi e quello giapponese Shinzo Abe; si seguono a vicenda via Twitter, si sono fatti visita nei rispettivi paesi e si considerano preziosi alleati in funzione anti-cinese.

Il punto dolente delle relazioni internazionali dell’India resta il tesissimo rapporto con il vicino Pakistan. Massimo contenzioso fra i due paesi è la questione del territorio del Kashmir, rivendicato sia da Delhi che da Islamabad come proprio. Il commercio bilaterale fra questi due paesi è quasi inesistente. Islamabad accusa l’esercito indiano di commettere atrocità e violazioni dei diritti umani nella parte di Kashmir sotto il proprio controllo mentre Delhi accusa il governo pakistano di finanziare ed armare gruppi di terroristi islamisti attivi su tutto il territorio indiano.

I rapporti fra l’India e il potente vicino cinese sono anch’essi piuttosto tesi. Innanzitutto per il tutoraggio economico e politico che da anni Pechino esercita nei confronti dei pakistani, con progetti quali il corridoio economico Cina-Pakistan e l’ammodernamento dei porti pakistani; poi perché fra Delhi e Pechino sussistono da decenni delle dispute territoriali irrisolte, su regioni come l’Aksai Chin e l’Arunchal Pradesh. Infine nella capitale indiana domina la percezione che Pechino insegua un’aggressiva politica egemonica nel continente asiatico e che invada il mercato indiano con le proprie merci a basso prezzo. Sta invece fiorendo nell’era Modi il rapporto fra Stati Uniti e India; sempre crescente è la cooperazione fra Delhi e Washington negli ambiti economico, militare e persino nucleare, con grande scorno dei vertici pakistani, sempre più negletti dagli Stati Uniti.

Giuseppe Citrolo

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Giuseppe Citrolo
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