Le elezioni parlamentari olandesi di mercoledì 15 marzo erano viste da molti osservatori internazionali come un test sul nazionalismo risorgente in Europa: con uno sguardo rivolto ovviamente alle imminenti elezioni in Francia e Germania. Per questo si è parlato alla vigilia di una sfida tra il primo ministro uscente, Mark Rutte, e il populista anti-islamico Geert Wilders. Il partito di Rutte, il liberale di centro-destra VVD, ha ottenuto 33 seggi, restando così di gran lunga il maggiore partito nel parlamento olandese, che di seggi ne conta 150. Il PVV di Wilders è arrivato secondo con 20 seggi; terzi i cristiano-democratici del CDA e i liberal-progressisti del D66, con 19 seggi ciascuno.
Ecco il commento di Rutte di fronte a una folla di supporters festanti: “Il nostro messaggio all’Olanda è passato. Manterremo le nostre promesse e costruiremo un’Olanda sicura, prospera e stabile. E’ stata una notte in cui gli olandesi hanno detto no al populismo”. Wilders, che era stato in testa ai sondaggi per circa 2 anni, ha dichiarato che ovviamente avrebbe preferito che il suo fosse il maggiore partito. Ma ha anche fatto notare che il suo partito ha guadagnato 5 seggi rispetto alle precedenti elezioni aggiungendo: “Non siamo un partito che ha perso. Abbiamo guadagnato seggi. E’ un risultato di cui essere fieri. Rutte non si è liberato di me”.
In effetti Wilders non ha totalmente perso. Fuori dal governo non dovrà fare compromessi e potrà continuare a portare il dibattito olandese nel suo territorio scelto di immigrazione e integrazione. Rutte ha adottato parte della retorica di Wilders durante la campagna elettorale, per esempio dicendo che gli immigrati dovevano rispettare i valori olandesi o andarsene. Sicuramente il VVD ha beneficiato della gestione da parte del primo ministro della crisi con la Turchia, con il rifiuto da parte del governo olandese di permettere a ministri di Ankara di organizzare comizi nei Paesi Bassi rivolti alle locali comunità turche. Ecco l’opinione di Andre Krouwel, professore di scienze politiche ad Amsterdam: “Wilders non voleva andare al governo. Voleva che i due partiti mainstream di centro-destra dicessero le sue stesse cose. E questo l’ha ottenuto”.
Anche l’editorialista politico Roderick Veelo mette in guardia quelli che credono che il populismo di estrema destra sia definitivamente sconfitto: “Rutte ce l’ha fatta ma questo non farà scomparire lo scontento sociale sull’immigrazione incontrollata, il fallimento dell’integrazione e i poteri di Bruxelles”. Grandi vincitori in queste elezioni sono stati anche gli ecologisti di sinistra di SinistraVerde, che sono aumentati da 4 seggi a 14 e potrebbero entrare nella futura coalizione di governo. Disastroso invece il risultato del partito Laburista, che è crollato da 38 seggi a 9. Rutte dovrà ora cominciare il lungo processo per costruire una coalizione di governo, che sarà probabilmente centrata su VVD, CDA e D66 e avrà bisogno di una maggioranza parlamentare di 76 seggi. Se il PVV di Wilders, avverso all’immigrazione e anche all’integrazione europea, fosse arrivato primo ciò avrebbe sconvolto l’Europa. Ecco perché i risultati di queste elezioni olandesi hanno reso felici molti politici europei. Un portavoce di Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea ha parlato di “voto contro gli estremisti” e il ministro degli esteri francese, Jean-Marc Ayrault ha scritto su Twitter: “Congratulazioni all’Olanda per aver fermato l’avanzata dell’estrema destra”.