Svolta a sorpresa nelle indagini sull’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà, ucciso nel febbraio del 2010 nei pressi del Tribunale di Palermo.
I Carabinieri di Palermo hanno arrestato sei persone, e il gip ha riconosciuto agli arrestati anche l’aggravante mafiosa. Le indagini hanno fatto sì che tornassero in carcere tre degli uomini che erano già stati fermati per il delitto, mentre altre tre persone sono state arrestate sulla base di nuovi indizi. Ad alimentare il nuovo filone di indagini sono state le dichiarazioni di Francesco Chiarello, da qualche tempo collaboratore di giustizia.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa nei confronti di Francesco Arcuri, Antonino Abbate, Salvatore e Antonino Ingrassia, Paolo Cocco e Francesco Castronovo. La ricostruzione dei fatti è stata fatta nei minimi particolari grazie alle intercettazioni: non è del tutto chiaro se l’obiettivo primario fosse quello di uccidere il penalista o soltanto di pestralo a sangue per dargli una lezione. Ma non è messa in discussione l’enorme violenza con cui l’azione punitiva è stata condotta.
“L’omicidio era un segnale all’intera classe forense”, ha detto il Procuratore capo Francesco Lo Voi. “Si tratta di un passo avanti estremamente importate nelle indagini che riguardano questa vicenda e che ha avuto un percorso precedente che aveva già portato all’emissione di ordinanze cautelari, poi revocate con archiviazione del procedimento”.
“Però questo non ha comportato che le indagini si fermassero”, ha continuato Lo Voi. “Anzi, appena avuto l’opportunità di recuperare qualche nuovo spunto che ci consentisse di indagare su qualche nuovo filone, siamo andati avanti perché ritenevamo importante che per un fatto così grave come l’omicidio di un professionista dovesse esserci una adeguata risposta”.
Secondo quanto reso noto dai miliari, nei mesi di luglio 2013 e gennaio 2014, all’interno del carcere di Parma, “venivano intercettati due distinti colloqui tra l’allora reggente del mandamento di Porta Nuova, Giuseppe Di Giacomo, e il fratello ergastolano Giovanni Di Giacomo. Durante tali conversazioni emergeva chiaramente come i due mafiosi fossero a conoscenza che gli autori dell’omicidio dell’Avvocato Fragalà erano affiliati al mandamento mafioso di Palermo Porta Nuova e, in particolare, alla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
Il 27 aprile del 2015, poi, Francesco Chiarello, affiliato alla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, “manifestava la volontà di collaborare con la Giustizia”. Durante il primo interrogatorio, il neo collaboratore dichiarava di essere a conoscenza delle modalità esecutive dell’omicidio dell’avvocato Fragalà confermando che gli autori dell’agguato erano stati Arcuri, Abbate, Siragusa e Ingrassia. Chiarello specificava poi che all’esecuzione del delitto avevano partecipato due ulteriori soggetti mai emersi nella precedente attività di indagine: Paolo Cocco, genero di Ingrassia e Francesco Castronovo.
In particolare Francesco Arcuri emergeva come colui che pianificava la spedizione punitiva, senza tuttavia parteciparvi di persona. Antonino Abbate, invece, avrebbe partecipato alla fase organizzativa sia alla fase esecutiva dell’aggressione e, nell’ambito di quest’ultima, con funzioni di individuazione della vittima e di copertura degli aggressori. Salvatore Ingrassia e Antonino Siragusa sono emersi come partecipanti sia alla fase organizzativa sia alla fase esecutiva dell’aggressione “e, nell’ambito di quest’ultima, con funzioni di copertura degli aggressori”. Paolo Cocco avrebbe partecipato alla fase esecutiva trasportando sul luogo del delitto la mazza utilizzata per l’esecuzione.
Francesco Castronovo sarebbe stato partecipante alla fase esecutiva come esecutore materiale dell’aggressione, insieme a Paolo Cocco. Le accuse di Chiarello “risultavano assistite da molteplici e significativi riscontri di varia natura“. Lo sviluppo delle attività investigative ha consentito di acquisire “indiscutibili fonti di prova in ordine alle responsabilità dell’omicidio Fragalà”.
Cocco è stato intercettato mentre confessava alla moglie di aver partecipato anch’egli all’omicidio e dopo aver trovato una microspia installata all’interno della sua abitazione, rassicurava Tantillo, in quel momento rappresentante della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, di non aver mai parlato in casa sua di un omicidio in cui erano coinvolti sia lui che il suocero Ingrassia. Castronovo è stato invece intercettato mentre, parlando dell’omicidio, riferiva alla cugina che fino a quel momento se l’era “scansata”.
“Le indagini facevano emergere, con profili di stringente contemporaneità rispetto all’aggressione, una linea professionale intrapresa con convinzione dal penalista in relazione alla quale i suoi assistiti, soprattutto quelli coinvolti in procedimenti di mafia, erano indirizzati ad assumere un atteggiamento di sostanziale apertura verso la magistratura“, spiegano i carabinieri.
“Pertanto in ordine al delitto rilevava la finalità di agevolare l’organizzazione mafiosa cosa nostra, sia nello specifico, nell’ottica di piegare la condotta professionale dell’avvocato Fragalà a maggior rispetto nei confronti dell’organizzazione mafiosa e dei suoi esponenti, sia in generale, per l’implicito messaggio intimidatorio nei confronti dell’intera Avvocatura palermitana”.
Lo stesso Francesco Chiarello dichiarava che l’ordine di aggredire Fragalà era stato impartito perché “… chistu era ‘un curnutu e sbirru” e “doveva parlare più poco” “non ci toccate né soldi e se ha oggetti, perché lui deve capire che non è una rapina, deve capire che deve parlare poco”.