La giustizia, si dice, debba fare il proprio corso ma, alcune volte, questo cammino è molto lento. L’ultimo caso è relativo ad un processo per abusi sessuali che si è chiuso in Cassazione, a Roma, a ben 17 anni dall’inizio dei fatti. L’episodio avvenne a Torino.
I giudici hanno respinto l’ultimo ricorso dell’imputato, un peruviano, confermando la condanna a 3 anni e 6 mesi. E per di più, l’udienza davanti alla Corte è stata fissata in tempo utile per evitare la caduta in prescrizione delle accuse.
L’imputato, oggi cinquantenne, era il patrigno di una ragazzina, con la quale ebbe rapporti sessuali dal 2000 (quando lei aveva 11 anni) al 2003. Fu lui stesso, quando la vicenda venne alla luce (nel procedimento penale difeso dall’avvocato Domenico Peila), a presentarsi in Procura e ad ammettere gli episodi.
La prima sentenza d’appello arrivò nel luglio del 2014. Ma la ragazza si era tolta la vita alcuni anni prima lanciandosi dalla finestra di un condominio alla periferia sud di Torino.
Nel 2015 la Cassazione certificò che alcuni episodi erano ormai prescritti e ordinò un nuovo processo d’appello, che venne celebrato nel maggio del 2016, per il ricalcolo della pena. Entro pochi giorni l’intera vicenda sarebbe caduta in prescrizione.