Il progetto infrastrutturale cinese ”One belt one road”, traducibile in italiano con ”Una cintura una via”, detto anche ”Nuove vie della seta” è uno dei più ambiziosi progetti di sviluppo economico al mondo. Presentato per la prima volta dal presidente Xi Jinping in un discorso tenuto in una Università kazaka nel 2013, questo progetto prevede la creazione di connessioni infrastrutturali via terra e via mare fra Cina, Europa ed Africa in modo da portare ad una maggiore integrazione della massa eurasiatica. Per finanziare questa mastodontica iniziativa il governo cinese ha creato nuove istituzioni finanziarie internazionali: la Asian Infrastructure Investment Bank, la New Development Bank, il China Silk Road Fund e il Maritime Silk Road Management Fund. Messe insieme, queste istituzioni hanno un capitale di circa 300 miliardi di dollari e dovrebbero negli anni futuri prestare circa 60 miliardi di dollari all’anno per progetti infrastrutturali attraverso l’Eurasia.
La Asian Infrastructure Investment Bank è partita forte, avendo già approvato finanziamenti per 2 miliardi di dollari. La Cina si è data l’obiettivo di raggiungere un commercio di 2,5 triliardi di dollari con i paesi partners delle nuove vie della seta entro il 2025. Per raggiungere quest’obiettivo, il governo cinese, oltre a creare nuove istituzioni finanziarie, sta incoraggiando fusioni, acquisizioni e investimenti da parte delle imprese cinesi e sta promuovendo standard uniformi per il commercio, i trasporti e le comunicazioni. Come illustra la recente apertura di una linea ferroviaria fra Londra e la città cinese di Yiwu, l’obiettivo principale di “One belt one road”è la connessione diretta fra i mercati cinese ed europeo, più che il miglioramento delle comunicazioni intra-asiatiche.
La Cina vuole integrare l’intera massa eurasiatica con un network di strade, ferrovie, oleodotti, infrastrutture per le telecomunicazioni, porti, aeroporti e zone di sviluppo industriale. I grandi progetti infrastrutturali della”One belt one road” promettono di incrementare la velocità delle comunicazioni, di abbassare i costi e di creare molti nuovi posti di lavoro. Integreranno Russia e Asia Centrale con la Cina e con l’Europa e connetteranno l’Asia Meridionale via terra e via mare con i paesi a nord e con l’Africa. La maggior parte dei progetti saranno via terra: da Kunming (Cina) a Singapore e Calcutta (India), da Kashgar (Cina) a Gwadar (Pakistan), Tashkent (Uzbekistan) e Teheran (Iran), da Xian (Cina) a Istanbul (Turchia), Mosca (Russia), Rotterdam (Olanda) e Lisbona (Portogallo), da Hunchun (Cina) al porto russo di Zarubino, sul Mare del Giappone.
Ci saranno anche progetti marittimi importanti, come l’ampliamento e ammodernamento dei porti dello Sri Lanka e di quello di Mombasa in Kenya. Se questo concetto di integrazione eurasiatica sarà realizzato, 65 paesi con il 70% della popolazione mondiale si apriranno a maggiori scambi economici e culturali; il governo cinese dichiara di voler spendere per tutti questi progetti 1,4 triliardi di dollari, undici volte l’americano Piano Marshall del dopoguerra. A maggio, la Cina organizzerà un summit dei paesi partecipanti a “One belt one road”: ci saranno 40 paesi che hanno già concluso accordi bilaterali con Pechino e altri 60 che stanno dialogando con i cinesi su singoli progetti. I progetti sono in tutto 890, dal Pacifico all’Atlantico, dal Medio Oriente all’Oceano Indiano. Tutto questo permetterà anche alle imprese cinesi nei settori del cemento, dell’alluminio e dell’acciaio di trovare nuovi mercati all’estero, visto che si trovano di fronte al problema della saturazione del mercato interno.
Accanto alle ovvie motivazioni commerciali, le Nuove vie della seta hanno anche delle motivazioni strategiche: permettere alla Cina di sfuggire all’accerchiamento marittimo da parte di Stati Uniti, Giappone ed India, sviluppare la turbolenta regione dello Xinjiang e cementare le relazioni di Pechino con Mosca e i paesi ex Sovietici dell’Asia Centrale. Ad oggi nessuno può dire se “One belt one road” si rivelerà un successo od un fallimento. I problemi che il progetto incontrerà saranno senza dubbio enormi: la corruzione, il fatto che si dovrà lavorare in contesti altamente instabili come quello pakistano o centroasiatico, la possibile ostilità pregiudiziale degli Stati Uniti di Trump; una cosa però è certa: la Cina è tornata e pensa in grande.