Diversi gruppi parlamentari del Parlamento europeo di Strasburgo sono accusati di frode ai danni delle casse dell’istituzione europea attingendo ai fondi dei rimborsi parlamentari per finanziare le proprie attività. Tra i partiti coinvolti, nell’ambito di un’inchiesta svelata dal quotidiano “La Repubblica”, ci sarebbero il Front National di Marine Le Pen, dello Ukip di Nigel Farage ed il partito Diritto e giustizia del polacco Jaroslaw Kaczynski (tutti uniti nel fronte politico euroscettico).
La prassi messa in atto da questi partiti sarebbe sempre la stessa: i gruppi parlamentari assumevano collaboratori attraverso i fondi europei, che però (questa l’accusa) venivano impiegati per finanziare le attività di partito in patria. Non a carattere sistematico (ma isolato) sono invece i casi di singoli eurodeputati italiani appartenenti a Forza Italia, Lega, ex Pd e Movimento 5 Stelle, che avrebbero agito senza alcun collegamento con i vertici del proprio partito.
All’Ukip è richiesto un rimborso di circa un milione di euro, cifra che include il denaro per i contratti di una serie di assistenti, tra cui anche la moglie di Farage, Kirsten. In Italia, invece, si fanno i nomi della deputata di Forza Italia, Lara Comi, che dovrà restituire i 126mila euro percepiti dalla madre, assunta come assistente parlamentare, e delle due eurodeputate grilline Daniela Aiuto e Laura Agea: la prima avrebbe richiesto un rimborso di diverse migliaia di euro per delle ricerche, in realtà copiate da Wikipedia; la seconda avrebbe assunto un finto assistente.
Lara Comi ha diffuso una nota per chiarire la sua posizione. La parlamentare di Forza Italia ha effettivamente dato un incarico fiduciario alla madre, una volta eletta in Parlamento europeo, “come mi era consentito” all’epoca. Nel 2016 ha scoperto che i regolamenti parlamentari avevano escluso la possibilità di assumere familiari e ha quindi “ritirato l’incarico al commercialista che, seppur in buona fede, aveva commesso l’errore” e sta restituendo i soldi “con una detrazione che ogni mese mi viene prelevata direttamente dallo stipendio”. Nel calderone sono finiti anche un collaboratore del leghista Mario Borghezio, il viceministro Riccardo Nencini e il deputato eletto con il Pd, ora Mdp, Antonio Panzeri.