“Una minaccia crescente“. Così l’amministrazione Trump ha commentato i quattro missili balistici lanciati dalla Corea del Nord nel Mar del Giappone. La denuncia, inizialmente lanciata dall’agenzia Yonhap, citando il comando di stato maggiore congiunto sudcoreano e un funzionario militare, è arrivata dal governo giapponese con una protesta formale del premier Shinzō Abe.
I missili sono stati lanciati contemporaneamente e senza provocare alcun danno. Il Giappone ha inviato un aereo per la ricerca dei resti dei missili che sorvolerà un’area di circa 300 chilometri a ovest della prefettura di Akita. Almeno tre dei razzi sono atterrati nella zona economica esclusiva giapponese (eez), percorrendo una distanza di circa 1.000 km dalla base sul versante occidentale nordcoreano.
La guardia costiera giapponese ha inoltre predisposto l’utilizzo di navi nelle acque interessate e ha avvisato le imbarcazioni nell’area di non avvicinarsi ai frammenti dei missili sparsi in mare. La Corea del Sud ha dato il via al coordinamento con Usa e Giappone.
Kim Kwan-jin, capo dell’ufficio sulla sicurezza nazionale, ha avuto una conversazione telefonica con l’omologo americano h.r. McMaster, al fine di valutare una risposta comune verso l’ultima provocazione. Il ministro degli esteri sudcoreano Yun Byung-se e il suo omologo nipponico Fumio Kishida hanno confermato in un colloquio telefonico “il lavoro congiunto”.
Netta la presa di posizione di Washington, che ha fatto sapere di essere pronta a “ricorrere a tutto quanto a sua disposizione contro questa minaccia crescente”. “I lanci – ha detto il portavoce del dipartimento di Stato, Mark Toner – violano le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite“.