“Costruiremo il muro, non vi preoccupate, lo faremo…”: così ha detto Donald Trump nel suo discorso alla Conferenza dell’azione politica dei Conservatori nel Maryland, affermando che la sua amministrazione stava buttando fuori dal paese della “gentaglia con una rapidità mai vista prima”. Trump ha anche rinnovato gli attacchi all’accordo di libero scambio NAFTA, a suo dire responsabile della de-industrializzazione americana a favore del Messico e di altri. Commentando poi la missione del Segretario di stato Tillerson in Messico, ha aggiunto: “Sarà un viaggio duro. Dobbiamo farci rispettare dai messicani. Al confine stiamo buttando fuori gangster e trafficanti di droga. E’ un operazione di tipo militare”, concludendo poi che ”avremo un buon rapporto con il Messico, ma se non lo avremo non sarà un dramma”.
Negli stessi giorni infatti il Segretario di Stato Rex Tillerson ed il Segretario alla Sicurezza Nazionale John Kelly erano in visita ufficiale in Messico per riavviare il dialogo col governo messicano dopo l’annullamento dell’incontro tra i Presidenti. Tillerson ha incontrato il ministro degli esteri messicano Luis Videgaray; dopo l’incontro ha ammesso in conferenza stampa che c’era “qualche divergenza” fra i due paesi, cosa normale per due “forti stati sovrani”, ma che il dialogo sarebbe continuato.
La visita di Tillerson e Kelly aveva l’intenzione di smorzare le tensioni suscitate in Messico dalla retorica di Trump in campagna elettorale e nei primi giorni di presidenza; membri dello staff della Casa Bianca avevano affermato che i colloqui a Città del Messico avrebbero riguardato temi di interesse comune quali il contrasto al terrorismo, ai traffici di droga e la sicurezza del confine meridionale messicano, interessato da importanti flussi migratori dall’America Centrale. Ma mentre Tillerson e Kelly erano in partenza per il Messico, l’amministrazione Trump svelava nuovi piani per deportare illegali messicani e di altri paesi dell’America Latina, irritando ulteriormente il governo del Presidente Pena Nieto e minacciando un possibile rinvio della visita ufficiale.
Il ministro degli esteri messicano aveva subito dichiarato che il Messico avrebbe difeso i propri cittadini residenti negli Stati Uniti, sino a sollevare la questione in seno alle Nazioni Unite, se necessario. Inoltre il Messico non avrebbe accolto sul proprio territorio espulsi che non fossero cittadini messicani. In conferenza stampa con Tillerson ha poi ammorbidito i toni: “Costruire un accordo con gli Stati Uniti sarà un lungo percorso, ma abbiamo fatto un primo passo”. Il ministro degli interni messicano Miguel Osorio Chong, dichiarava in conferenza stampa congiunta con Kelly: ”Non siamo d’ accordo con le misure prese dal governo degli Stati Uniti riguardo il nostro paese”. Da parte sua, Kelly è sembrato contraddire il suo Presidente, insistendo che non vi sarebbero state “deportazioni di massa”, nè l’uso di “forza militare per contrastare l’immigrazione”.
Insomma, da una parte i toni duri del Messico che secondo la stampa locale “finalmente dice no”; dall’altra il linguaggio dei pontieri dell’amministrazione Trump che, nel tentativo di ammorbidire le posizioni espresse dal Presidente, inviano però segnali contraddittori.